“Sono una tibetana bergamasca doc”, con queste parole si presenta Tseten Longhini, 44 anni, tibetana residente a Piazza Brembana. Una delle pochissime tibetane a vivere in Italia.
Nata ad Orissa, nell’India orientale in un villaggio tibetano, Tseten è figlia di profughi tibetani e ha vissuto in India dopo che il Tibet è stato invaso dalla Cina, negli anni 50’/60′, insieme al loro capo spirituale “Dalai Lama”. L’India diventa così la sua seconda terra. Ma sarà l’Italia ad adottarla definitivamente grazie allo zio, monaco buddista, in viaggio per il mondo insieme al maestro Ghesce Yeshe Tobdhen.
“Mio zio, durante uno dei suoi viaggi che lo portarono a Roncobello incontrò i miei futuri genitori adottivi – racconta Tseten – Si decide così di dare via alle pratiche per l’adozione, legate però a determinate condizioni: sarei dovuta restare in contatto con la famiglia naturale, gli usi e i costumi del mio paese d’origine. A causa di una lentezza burocratica (i genitori naturali erano ancora in vita ndr) l’adozione effettiva arriverà solo dopo 4 anni di calvario. Arrivata in Italia all’età, a Milano, di 13 anni, iniziai gli studi incontrando delle difficoltà a livello linguistico ed etnico, mi ritrovai in un vero e proprio stato confusionario”. La mancanza delle montagne però si fa sentire, e Tseten si trasferisce a Moio de’ Calvi, dove termina gli studi.
Nonostante ciò, Tseten prosegue gli studi effettuando un corso per diventare ASA, e trova lavoro nella RSA “Don Stefano Palla” di Piazza Brembana. Oltre all’impiego professionale, Tseten – donna dalle mille risorse – intraprende un’attività di sostegno per il Tibet e per la causa dei diritti umani. “Una scelta necessaria – spiega Tseten – perché con il passare degli anni le proteste tibetane sono diventate più forti e violente, tanto che le persone si bruciano vive. In Tibet si vive in condizioni disumane, non si può parlare e si è sotto costante sorveglianza; difatti i cinesi dominano il Tibet in tutto e per tutto”.
Tseten ha collaborato con la maestra Adriana Rinaldi e tiene incontri con gli studenti in valle e anche a Milano, dove parla dei disagi che affliggono il Tibet. “Tutto ciò che riguarda il mio paese natale avviene sotto l’indifferenza degli altri paesi”, racconta Tseten, che per questo motivo organizza diversi eventi e iniziative, come quella che si svolgerà il 25 aprile a Milano, e anche cene di beneficenza per Indiani e Tibetani in difficoltà.
Fino a due anni fa, Tseten rappresentava le donne tibetane in Italia, e continua a farne la portavoce. “Le donne lottano più degli uomini, subiscono violenze, sono vedove di guerra, vengono torturate e spesso sono sole poiché gli uomini si trovano in prigione (questo solo per aver detto “Tibet libero” ndr) – spiega – La comunità tibetana in Italia è esigua (si contano circa 200 persone, a causa delle difficoltà politiche ndr), ma nonostante questo lo spirito di unità e collaborazione è molto sentito”.
“Sogno davvero che si possa avere un dialogo tra Tibet e Cina e che sia veramente risolutivo. Che ci sia rispetto ed equità, perché la vita è una cosa preziosa, preziosa come l’acqua”, conclude Tseten.