Golia metteva a soqquadro tutto e tutti. Ci chiama il nonno, disperato, non ne può più di questa situazione. Suo figlio Davide, il papà di Golia, sembra non essere in grado di badare a lui. La disperazione regna sovrana. Chi potrà salvare il Mondo dalla furia di Golia? Golia sembra trovare qualcuno da sfidare ogni giorno, amici, compagni di scuola, zii. Questa volta Davide, a differenza della storia narrata nella Bibbia, sembra non poter nulla contro l'impetuosità del gigante.
A questo punto veniamo chiamati all’opera noi terapeuti. L'incipit è tratto dalla storia reale della famiglia che incontriamo.
È una calda giornata d’estate, le finestre nel nostro studio sono aperte. Noi stiamo lì, lì per loro, ad aspettare di sentire la loro voce, aspettando di poter raccogliere brandelli di storia. Si presenta nonno Ivan, papà Davide e un simpatico bambino di 8 anni di nome Golia.
Da subito ci rendiamo conto che Golia non sembra far così paura. Sta seduto (a modo suo), si presenta e risponde alle nostre domande, porta il suo punto di vista. Insomma appare come un bambino che ben conosce la sua famiglia e le sue relazioni. Golia è simpatico, si mette cavalcioni della sedia, fa piroette, ride, gioca, si fa serio. È un bambino competente in quello che ci racconta e sa come muoversi all’interno del duo nonno-papà. In bergamasco si potrebbe dire che “li tira in giro”, nel senso che detta un po' lui le regole lì dentro. Lo fa lui già, che di anni ne ha 8, ma che sembra in prima battuta assennato almeno tanto quanto gli adulti. Gli facciamo i complimenti. Lui gongola orgoglioso. Lo ringraziamo di quello che ci descrive essere il quadro dentro casa. Nonno e papà che discutono, lo fanno spesso, alzano la voce e io con loro il volume dei cartoni animati.
A questo punto facciamo notare come quello che Golia vive, probabilmente lo mette tanto in subbuglio quanto in allarme. Golia ha paura? Ha forse paura di essere diventato oggetto di discussioni tra i grandi? E chissà i grandi cosa fanno se si arrabbiano con
lui … ma lui non riesce a fare a meno di sentirsi agitato di fronte a tanto caos casalingo. Vuole bene a questi due uomini che si prendono cura di lui. Stravede per loro e non vuole che litighino, tantomeno se come oggetto del contenzioso e dei malumori c’è
qualcosa che lui ha fatto. Papà Davide e nonno Ivan, tra le prime informazioni che ci forniscono, lamentano il fatto che Golia non riesce a stare alle regole che gli vengono date.
T: *Chi detta le regole in casa?*
D: “Le regole cerco di farle rispettare io perché mio figlio Davide non è in grado di farsi rispettare!”
T: *Cosa pensa di quello che dice suo padre?*
I: “No non è vero io cerco di dargli delle regole ma lui (il bambino) alla fine fa sempre quello che vuole.”
T: *Cosa succede quando Golia trasgredisce la regola?*
D: “Sono io che devo sgridarlo e a volte alzare le mani perché suo papà se ne frega. Finisce che la da sempre vinta al bambino. Se non impara a fare il genitore Golia non potrà mai imparare cosa è giusto e cosa no.”
I: “Non è vero! Solo che quando lo sgrido lui (Golia) mi risponde, non mi rispetta e allora …”
D: “Si mette a ridere? Ma è possibile secondo voi che un padre si metta a ridere se un figlio non lo rispetta?!”
Nel tentativo d’investigare il problema portato dalle figure adulte, il mancato rispetto delle regole, sembra farsi largo l’idea che i ruoli all’interno del sistema familiare non siamo chiari e che la comunicazione (soprattutto tra le due figure adulte) sia spesso conflittuale, contraddittoria e squalificante.
Come è possibile che Golia impari il rispetto ed il rispetto delle regole se quello che vive quotidianamente appare come l’esatto contrario? Con la scusa di parlare un attimo con il nonno e il papà, chiediamo a Golia se può accomodarsi fuori dalla stanza. Gli offriamo la possibilità di giocare al suo gioco preferito sullo smartphone del padre, chiedendogli di controllare l’orologio e di rientrare in stanza dopo dieci minuti. L’ipotesi è quella di mettere alla prova il bambino rispetto ad una regola semplice, comunicata in maniera chiara e diretta e vedere il suo comportamento. Come previsto Golia dopo dieci minuti rientra nella stanza, sbuffa e ci dice che vorrebbe tornare a casa a giocare con gli altri bambini ma si rimette al suo posto.
Ora siamo al giro di boa. Golia ci ha offerto la dimostrazione che le regole chiare e “dettate” da un adulto che in qualche modo ritiene autorevole le sa rispettare. Golia non sgarra. E’ un bambino vivace, attivo, curioso, intelligente. Ce lo sa dimostrare.
In separata sede discutiamo delle impressioni che abbiamo avuto ed entrambi siamo concordi nel dire che è difficile crescere per un bambino dentro un sistema che lo confonde e lo disorienta. Torniamo in plenaria e condividiamo con i tre uomini le nostre osservazioni.
Tutti li dentro si vogliono un gran bene e fanno una fatica comune. La commozione di tutti i partecipanti è visibile e vibra nell’aria, attraverso la finestra aperto dello studio questa tensione si stempera. Tutti sono un po' più sollevati lì dentro. La partita
vera va giocata fuori dalla stanza di terapia. Questo è quello che gli auguriamo, pur sapendo che non sarà facile. Siamo lì, noi rimaniamo a disposizione per accompagnarli in questo percorso.
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