California back and forth, andata e ritorno ma sempre guardando avanti, nel settore e nell’azienda più innovativi al mondo. Iuri Frosio è partito da Sant’Omobono Terme per arrivare alla Silicon Valley e a Nvidia (azienda che produce processori grafici per il mercato videoludico e professionale), per cui oggi lavora da remoto. Una storia che, racconta, inizia senza poterne immaginare il proseguo. “Ho iniziato studiando ingegneria biomedica, senza sapere bene a cosa andassi incontro. Ho cominciato ad appassionarmi agli aspetti legati al cervello umano e ho fatto la tesi sulle reti neurali. Era il 2003, quando le reti neurali non funzionavano, ma mi appassionavano. La prima volta che ne ho fatta girare una sul mio pc, nonostante compisse solo operazioni basiche, ho pensato “cavolo, è intelligente”. Ho preso il dottorato in ingegneria biomedica al Politecnico di Milano, poi mi sono spostato ad Informatica, dove sono diventato ricercatore”.
Iuri continua a fare ricerca nell’ambito che gli interessa di più, nonostante, ammette, la scarsa considerazione da parte del Paese verso la sua professione. “Ho passato 4 anni da assegnista e 7 da ricercatore, ma c’erano pochissime possibilità di carriera e crescita nulla, con stipendi che sono quelli che sono”.
La scelta è chiara: uscire dai confini. “Ho cominciato a mandare curricola nel mondo, avevo offerte in Europa, ma ho avuto la fortuna di essere chiamato da Nvidia a fine 2013. Ho preso armi, bagagli e famiglia e siamo andati in California”. Ecco l’approdo nella Silicon Valley, in una delle maggiori realtà dell’informatica globale. “Sono arrivato al giovedì, al lunedì ero in ufficio a lavorare. Avevo già investito sulle mie conoscenze per la programmazione in parallelo, il linguaggio CUDA che permette di elaborare le immagini. Nel 2014 c’è stata l’esplosione del machine learning. siamo passati da un paradigma in cui il ricercatore doveva inventarsi un algoritmo che eseguisse un compito ad un nuovo modo di lavorare in cui il computer deve apprendere in modo autonomo, sulla base dei dati forniti.. Nel 2020, dopo il COVID, sono tornato in Italia anche perché ho divorziato. Ho avuto la fortuna di poter rientrare, continuo a lavorare per Nvidia ma da remoto, pur lavorando ancora con i colleghi californiani, spesso dopo cena vista la differenza di fuso”.
L’esperienza ha permesso a Iuri di confrontarsi con due realtà molto diverse e con un lavoro di pura innovazione. “Ci sono aspetti molto diversi, tra qua e là. Dal punto di vista lavorativo si lavora meglio in California” racconta “l’ambiente in cui ti cali è disegnato apposta per farti lavorare al meglio, se il pc ha un problema te ne danno un altro nel giro di cinque minuti, non perdi tempo per cose che non ti competono. Le conoscenze e capacità di ogni ricercatore sono valorizzate al meglio”. In Italia non è proprio la stessa cosa. “In università, in Italia, mi è capitato di buttare vie alcune ore di lavoro tra pratiche burocratiche e discussioni solo per un rimborso spese da poche decine di euro. Questo significa uccidere la produttività del lavoro, e sprecare soldi (peraltro pubblici) in malo modo. Un male per tutti, insomma”.
Come detto, Iuri lavora all’interno di un vero colosso. “Nvidia è un gigante, la società che vale di più al mondo, ma c’è ancora un approccio molto aperto, mentre altre società della Silicon Valley con cui ho avuto contatti hanno una struttura molto più rigida. Quello di Nvidia è un approccio che favorisce la discussione e collaborazione. Alcuni colleghi più giovani di me e veramente brillanti hanno fatto carriera in brevissimo tempo, ma questo non ha suscitato nessun sentimento di negatività, anzi. In Italia conta di più l’anzianità della meritocrazia: negli Stati Uniti si pensa che chi lavora bene fa bene a tutti, dunque si lavora insieme verso un obiettivo comune”. C’è anche il mondo all’esterno dell’azienda, fatto o di enormi spazi americani, o di valli e montagne alpine. “Come società, l’America è l’America. Si respira più libertà, l’ambiente è più aperto, ci sono persone da tutto il mondo, se si vuole conoscere gente e culture lo si può fare. L’atmosfera è ancora da sogno americano, quando ti sposti non hai radici, il che costituisce un vantaggio ed uno svantaggio allo stesso tempo. Qua, invece, siamo vicini a famiglia e amici, ti senti molto più vincolato, hai una rete sociale di aiuto. Gli USA, invece, danno libertà, anche solo andare nei parchi nazionali e vedere i loro spazi sconfinati ti fanno percepire quell’idea. Da noi, anche se vai in montagna senti lo stesso le campane che suonano a fondovalle. È rassicurante, ma in America sentiresti solo il vento e forse gli orsi”.
Anche per quanto riguarda il sistema scolastico, le differenze sono visibili. Nonostante entrambi i Paesi abbiano i loro difetti: “In USA il discorso è meno sull’educazione e più incentrato sulla produttività. Il sistema educativo europeo sembra dare un’importanza maggiore ad argomenti che vanno oltre la tecnica, includendo arte, letteratura, filosofia o lo studio degli aspetti sociali nel curriculum degli studenti. È una formazione “a tutto tondo” e che, secondo me, porta ad una comprensione profonda degli effetti del nostro lavoro sulla società.” racconta. Non è facile muoversi in un mondo in costante evoluzione, men che meno sapere come cambierà. “A prevedere il futuro si sbaglia sempre” scherza. “Il modo di lavorare è cambiato con l’IA, questa cosa va avanti così velocemente che avrà un impatto sul lavoro. Io lo dico sempre ai miei figli” e i cambiamenti sono già qui, vicino a noi: Frosio fa un esempio: “Mia figlia studia all’artistico, sono indeciso se farle fare un corso sui programmi di CAD 3D che si usano adesso, perché con l’IA il modo di lavorare dei modellatori 3D cambierà. Forse, si interagirà con la voce per creare una bozza di modello e si lavorerà solo sui dettagli. Ciò che mi ha lasciato stupito è che il mio lavoro è impegnativo come prima se non di più, noi possiamo solo lavorare al cento per cento, diventa sempre più competitivo: da un campionato di Serie A siamo arrivati alla Champions League”.