Fabio e Stefania, coppia ‘fissa’ in Svizzera ”ma vorremmo metter su famiglia in Valle Imagna”

Marito e moglie, entrambi valdimagnini, raccontano la vita in Svizzera. Ma il sogno è di tornare in Valle Imagna e mettere su famiglia. ''La Svizzera va bene per lavorare, ma la famiglia ha bisogno di una realtà più comunitaria''
18 Febbraio 2021

Tra la Valle Imagna e Losanna, in Svizzera, ci sono circa cinque ore di auto. Per Fabio Bolis e sua moglie Stefania Bennato, emigrati proprio nella città sul lago di Ginevra, la distanza è ben maggiore di quella espressa solo dai chilometri. La loro storia di emigranti si lega a doppio filo con la loro relazione personale, come emerge dal loro racconto. “Io ho 31 anni – racconta Stefania  – e sono di Selino Basso di S.Omobono Terme. Ho studiato al liceo Mascheroni, poi Medicina a Pavia, durante la laurea ho svolto un Erasmus a Parigi, dove ho imparato bene il francese. Per la specializzazione in pediatria ho scelto la Svizzera, all’inizio soprattutto per una questione linguistica: mi hanno presa a Ginevra”.

Mettiamo ora in pausa la storia di Stefania e concentriamoci su quella di suo marito Fabio, 36 anni. “La mia è molto più semplice – scherza lui – Vengo da Ponte Giurino, frazione di Berbenno, mi sono laureato in informatica alla Bicocca, dopo gli studi ho lavorato per diverse aziende, fino a quando Stefania non si è trasferita a Ginevra 5 anni fa: all’epoca stavamo già insieme”. Entrambi i racconti si intrecciano fino a questo punto. Per fortuna di Fabio, un’azienda di Lugano cercava un informatico, dunque anche per lui era il momento di spostarsi. “Non conosco il francese, quindi volevo restare in Canton Ticino, avvicinandomi comunque a Stefania: prima che lei partisse, non avevo mai pensato all’estero. È stato abbastanza complicato trovare sia il lavoro per me che la specializzazione per lei. Ginevra e Lugano sono lontane, quindi nel weekend prendevamo l’aereo e potevamo vederci. Di fatto eravamo pendolari in aeroporto!”.

“Dopo due anni a Ginevra mi sono spostata anche io in Canton Ticino – dice Stefania – così ci siamo ricongiunti. Da meno di un anno viviamo a Losanna, io lavoro in Pediatria, Fabio fa tutto da remoto per la sua azienda a Lugano: gli hanno concesso il lavoro a distanza sin dall’inizio dell’epidemia.” Eccoci ai giorni nostri, dopo un percorso tortuoso che ha portato entrambi i protagonisti su e giù per le valli svizzere, dando loro modo di conoscere meglio il Paese. “Io ho notato che ai giovani vengono date molte responsabilità, soprattutto sul lavoro. Mentre facevo la specializzazione, ai futuri medici venivano affidati compiti molto importanti: si tende a contare di più su di loro. In Italia invece il percorso è più teorico, con meno possibilità di mettersi alla prova. Ovviamente –  aggiunge Stefania – questo porta i giovani ad avere molte più responsabilità. Si pretende molto dal lavoratore, ma ciò sprona anche a fare bene: è stato un bene per me, perché mi ha fatto imparare molto.”

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Fabio concorda in toto con la moglie: “Quando ci siamo trasferiti abbiamo dovuto ovviamente frequentare gli uffici pubblici. Qui i dipendenti sono molto giovani, non sembra vero se si pensa all’Italia. Sembra quasi strano, perché entri in un ufficio e il responsabile ha la nostra età ed è il più anziano che lavora lì, non sono nemmeno in stage!”.

Le condizioni, per i giovani, sono molto migliori rispetto a quanto Fabio e Stefania abbiano visto in Italia. “Quando usciamo incontriamo un sacco di coppie di ragazzi, qui si mette su famiglia molto presto, anche perché è più facile andare via di casa e diventare indipendenti”. Oltre a ciò, Stefania sottolinea un altro aspetto della vita in Svizzera. “Ci sono persone da ogni parte del mondo, nella mia equipe non ci sono svizzeri, siamo due italiani, poi francesi e portoghesi. Questo mix di culture crea un ambiente molto aperto, con tutti i pro e i contro.” La presenza di persone che vengono da tutto il mondo porta con sé anche un po’ di spaesamento. “Qui facciamo fatica a percepire un senso identitario comune. Siamo tutti diversi, ma non c’è nulla che ci accomuni. Noi siamo contenti di stare a Losanna, ma ogni mese torniamo in Valle Imagna, lì la vita sociale è del tutto diversa”.

Anche Fabio pone l’accento su questo punto: Nelle nostre valli conosci tutti, c’è un grande senso di comunità, sappiamo da dove vieni, qual è il tuo ruolo; in Svizzera è quasi come se fossimo tutti in trasferta. È un aspetto che vale tantissimo, entrambi ci sentiamo legati ai nostri paesi, è quella la nostra casa”. “Stando in Svizzera – aggiunge Stefania – cerchiamo di ricreare il senso di comunità con altri italiani che abbiamo conosciuto qui.” Questa questione porta la coppia a vedere il proprio futuro lontani da Losanna. “Io penso che a lungo termine torneremo, tra un po’ di anni gli aspetti lavorativi positivi non basteranno per tenermi qui – spiega Stefania – .In Italia c’è la mia famiglia, quello che perderò sul lavoro lo guadagnerò in affetti.

Personalmente – conclude Stefania –, se avessi i mezzi economici preferirei fare una famiglia in Valle Imagna, se avremo ancora entrambi il nostro lavoro quando torneremo, allora potremo pensarci. La Svizzera va bene per lavorare, ma la famiglia ha bisogno di una realtà più comunitaria”. L’ideale per Fabio, “sarebbe avere la socialità italiana in un contesto aperto e multiculturale come quello elvetico. Noi lavoriamo in ambienti giovani e dinamici, ma non basta per dire che sceglierei la Svizzera: alcuni valori fanno pendere l’ago della bilancia verso l’Italia”.

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