Il golf, Costantino Rocca, classe 1956 originario di Almenno San Bartolomeo, ce l’ha sempre avuto dentro. Anzi, vicino: sin da bambino, racconta “Ho sempre vissuto accanto al campo da golf di Almenno San Bartolomeo”. Una predestinazione, forse, che però deve fare un lungo giro per potersi realizzare.
“Fino a 24 ho lavorato come operaio in una fabbrica, prima di diventare professionista. Quando ho cominciato, facevo il caddie all’Albenza, ciò mi ha aiutato a scoprire questo bellissimo sport. Come i ragazzini che fanno i raccattapalle nel tennis, io portavo le sacche ai giocatori, ho iniziato perché mi piaceva insegnare lo sport. Io non avevo in mente di fare il giocatore, però quando sono stato alla Scuola Nazionale a Roma ho incontrato un giocatore australiano, all’epoca direttore della scuola, lui mi ha spronato a provare ad entrare nel tour”.
Un inizio tardivo, ma che non scoraggia Rocca. “Si deve prendere la qualifica per poter accedere alle gare, a fine anno devi rientrare nei primi 60 per mantenerla, da lì si va avanti. Quando si vince, si hanno due anni di esenzione, dunque c’è la possibilità di giocare per tutti e due gli anni. È stata molto dura all’inizio – racconta -, almeno a livello del tour europeo. Ho vinto anche altri tornei, ma è come giocare in ‘Serie B’. Poi, all’ottavo anno, ho ripreso la carta per il tour e da lì sono partito con più fiducia, fino ad arrivare alle vittore in tour e alla Ryder Cup”. Vittorie in cui, nel 1997, ha battuto anche un certo Tyger Woods in un confronto diretto, all’epoca il numero uno al mondo.
Il suo percorso porta Costantino a maggiore consapevolezza, anche di sé. “La cosa più importante che il golf insegna è il rispetto: degli avversari, della natura e di te stesso, se vuoi arrivare ad alti livelli bisogna fare sacrificio, ti insegna il rispetto in generale. Devi sapere accettare la sconfitta per imparare a vincere – spiega -. Il primo torneo che ho vinto non me lo sarei mai aspettato e invece ce l’ho fatta con 9 colpi di vantaggio”.
Ecco allora i momenti più belli. “Sicuramente, le prestazioni al British Open del ’95, quando sono arrivato secondo agli spareggi. Ho giocato dieci volte la coppa del mondo, due volte sono arrivato secondo individuale, una volta secondo a squadre. Giocare la Ryder Cup era sempre stato il mio sogno, dovevo riuscire a entrare nei dodici giocatori”. La competizione, che contrappone i migliori golfisti europei agli omologhi americani, “adesso ha sei inviti, prima erano tre: io non avevo fatto molta esperienza da giovane, perciò non potevo contare sugli inviti. Per partecipare, dovevo entrare almeno nei primi 50 al mondo e ce l’ho fatta” un sogno coronato da ben due vittorie, nel 1995 e nel 1997.
Venendo al presente, “al momento, gioco ancora qualche torneo, tre o quattro del Senior tour, ogni tanto seguo qualche ragazzo, o faccio partite con i miei amici”. Un punto di vista che permette a Costantino di osservare il panorama golfistico nazionale. “Non abbiamo la cultura di questo sport, stiamo migliorando ma siamo molto indietro rispetto ad altre nazioni come l’Austria, l’Olanda o la Svezia, dove giocano in molti, noi siamo 80mila. Non si riesce a cambiare la nomea dello sport, abbiamo tanti campi al Nord, ma mancano al Sud: se si creano strutture dove la gente va in vacanza e può giocare, è un punto a favore per la diffusione del golf. Ci sono i campi di alto livello, ma rispetto a realtà più piccole di noi siamo ancora pochi”.