L’Australia è più vicina con Annalisa: “14 ore di lavoro al giorno per il visto, ora sono manager”

Sul mappamondo, Corna Imagna e Perth stanno praticamente agli antipodi, divisi dal resto del globo e all'apparenza del tutto distaccati. Cosa succede, però, quando una giovane ragazza della Valle Imagna decide di cercare una nuova vita all'altra parte del mondo?
21 Ottobre 2022

Sul mappamondo, Corna Imagna e Perth stanno praticamente agli antipodi, divisi dal resto del globo e all’apparenza del tutto distaccati. Cosa succede, però, quando una giovane ragazza della Valle Imagna decide di cercare una nuova vita all’altra parte del mondo?

Ce lo racconta Annalisa Carminati. “Io sono di Corna, classe 1991, ho abitato a Locatello e ho frequentato la scuola Alberghiera di San Pellegrino Terme, Istituto che mi ha sempre aperto tante porte dal punto di vista professionale e lavorativo, consentendomi di avere esperienze in alcuni degli alberghi più rinomati in Italia, ad esempio, l’Hotel Gardena Relais e Chateaux a Ortisei o l’Hotel del Porto a Cannigione”. Ad Annalisa, però, manca qualcosa: “Nell’estate del 2012, dopo una stagione estiva in Sardegna, ho deciso di intraprendere il viaggio per l’Australia alla ricerca di una nuova esperienza lavorativa e di studio. Ero giovane, con le idee confuse sul futuro, un’esperienza nuova e forte, era la scossa che cercavo per trovare la direzione giusta da seguire”.

Si parte, dunque, l’avventura australiana di Annalisa comincia dieci anni fa. “Il 27 settembre 2012  (a soli 21 anni ndr) sono arrivata a Perth, Western Australia, con un Working Holiday Visa di un anno: mi sono iscritta subito ad un corso di inglese. Grazie ad un amico (con cui avevo frequentato la scuola alberghiera) che era sceso a Perth a marzo ho trovato subito trovato un alloggio. Vivevo in una casa con 5 italiani e una ragazza di Taiwan. Sono diventati la mia seconda famiglia”.

L’atmosfera australiana ha subito un impatto positivo. “Sono stati gli anni più belli, sempre tutti uniti per andare al mare appena potevamo – racconta – La casa non era una reggia, ho dormito per un po’ in uno stanzino attaccato alla lavanderia con una tenda come muro e un materasso per terra, ma mi hanno fatto sentire davvero parte della famiglia. Ho trovato lavoro in un ristorante italiano, in cui ci sono stata per quattro anni”.

Il lavoro, però, non è facile e la terra dei canguri si dimostra ostica anche a chi parte con le migliori intenzioni. “In Australia sono tornata indietro, a livello lavorativo, ma quando si entra in un paese che non è il tuo, bisogna entrare a testa bassa e partire dal basso. Nonostante questo, dopo sei mesi di working holiday nello stesso ristorante, il mio ex capo mi ha fatto la proposta di “sponsorship”, cioè di restare a lavorare con lui garantendomi di diventare una futura cittadina australiana”. A prima vista un grande salto, ma che nasconde un inghippo. “Dopo varie consultazioni con un agente di immigrazione per poter verificare tutti i miei documenti, purtroppo abbiamo scoperto che il diploma alberghiero ottenuto in Italia non era stato considerato valido e ho dovuto cominciare la scuola alberghiera australiana per poter ricevere un nuovo diploma che mi potesse garantire il nuovo visto. Così, mi sono messa in gioco”. Annalisa torna sui banchi, non in Valle Brembana ma a Perth: “Ho fatto moltissimi sacrifici, rinunciato a serate e a cene fuori con amici per potermi pagare la scuola e l’affitto della casa. L’Australia è un paese in cui si cresce, in cui devi contare su te stessa con tutte le forze e lottare per ciò che vuoi ottenere, per quello che ritieni giusto e per quello che è sbagliato, perché essendo immigrata, non sei mai trattata con le pinze. Nel posto lavorativo in cui mi trovavo, tutti quelli a cui il capo aveva garantito uno sponsor erano pagati un po’ di meno”.

Non solo, il business per cui Annalisa lavorava non viene giudicato idoneo per l’ottenimento del visto permanente e lei si ritrova punto a capo, senza uno sponsor che le possa far ottenere visto e cittadinanza: Avevo soltanto tre mesi di tempo per trovarmi un altro impiego e alla fine ne ho trovato uno: il capo del mio precedente lavoro mi ha offerto di restare a lavorare per lui e quindi di potermi candidare con il suo business per il nuovo visto, dovendo comunque ripartire da zero”. Chi si trova in questa necessità, però, è costretto a turni lunghissimi:13/14 ore lavorative al giorno, una pausa pranzo di 10 minuti per mangiare a volte in piedi in cucina, con il telefono per prendere prenotazioni in mano. Il trattamento ricevuto dal capo non era dei migliori. Tante volte avrei voluto dirigermi al Fair Work e segnalarlo, ma questo avrebbe voluto dire riperdere il visto e farlo perdere a tutti quelli che erano in sponsor in quel ristorante: io ci ero già passata, non volevo che i miei colleghi passassero la stessa cosa. Così ci siamo un po’ tutti fatti coraggio pensando all’obiettivo finale. Una volta preso il visto, avremmo lasciato subito il posto di lavoro: lavorare duro per restare”.

La storia di Annalisa ha però un lieto fine, perché sia lei che il suo ragazzo sono riusciti ad ottenere un visto permanente e il 26 gennaio 2022 lei ha ottenuto il passaporto australiano. Nel frattempo, la sua situazione lavorativa è migliorata molto. “Lavoro a Mindarie in un ristorante sul mare e mi occupo della gestione: si lavora sodo, ma non 14 ore al giorno. Siamo anche riusciti a mettere da parte dei soldi e abbiamo comprato casa, abbastanza grande per ospitare la mia famiglia che scende regolarmente a trovarmi e per il mio cane, Aika”. Obiettivo raggiunto, dunque: “Questi dieci anni in Australia mi hanno davvero migliorata, mi hanno aiutata ad essere forte e a non perdere mai le speranze, anche quando sembra che tutto ti stia crollando addosso. C’è sempre uno spiraglio di positività in tutto, basta solo saperlo guardare. Qui chi non rispetta le regole torna al proprio paese e in questo modo si vive in pace e serenità”. Annalisa è molto soddisfatta, anche se casa resta sempre casa, soprattutto quando si parla di affetti.

Cosa mi manca dell’Italia? La mia famiglia, immensamente. Sono 7 anni che non torno a casa, dato che i miei possono scendere per un po’ di mesi. A volte è difficile essere dall’altra parte del mondo, mi perdo tutte le occasioni e i momenti di gioia che vorrei passare con la mia famiglia, insieme al mio ragazzo”. Anche stare agli antipodi ha però i suoi vantaggi: “L’Australia e un continente da esplorare, con un’anima accogliente e multiculturale, un crocevia di culture e nazionalità. Certo, si lavora, e si lavora sodo, ma non potrei pensare di trovarmi in un posto migliore”. Il segreto, secondo lei, è “non avere paura di rischiare, e badate bene che rischiare non significa andare a caso senza aver programmato le cose, ma significa essere pronti ad adattarsi ed aprirsi alle evenienze della vita”.

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Commenti:
  1. Complimenti meritevole il lavoro che svolgete! É sempre interessante leggere ciò che pubblicate ed é bello seguire le novità che senza di voi nessuno ne verrebbe a conoscenza!
    Grazie di cuore per questo

  2. È normale, quando ho fatto la richiesta con international au pair Italy di Gaia Leonardi però mi è stato negato il working with children’s cheque e quindi il visto per l’Australia. Il motivo? Una diagnosi di malattia mentale sbagliata. Ho sempre desiderato diventare cittadina australiana, ma non posso perché il centro di salute mentale di Faenza ha sbagliato diagnosi.

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