Il giorno in cui si festeggiava la patrona del paese, Santa Brigida, era una grande festa per il piccolo paese dell'alta Valle Brembana, un evento solenne a cui prendeva parte tutta la popolazione vallare, richiamata non solo dalle funzioni religiose e dalla processione, ma anche dalla sagra che ne seguiva. Chiunque partecipava alla solenne manifestazione, tutti, tranne uno: il “Rossàl”.
Chiamato così per via dei suoi capelli e della barba color rossiccio, al Rossàl tutta questa “baldoria” non interessava per nulla; egli preferiva, difatti, rintanarsi nelle sue solite occupazioni: accudire gli animali nella stalla e nel pollaio, tagliare il fieno nei prati, aggiustare qualcosa, spargere il letame o fare legna nei boschi. Ma il suo diletto, a cui non avrebbe rinunciato per nulla al mondo, era la caccia, praticata in ogni periodo dell'anno a prescindere che fosse permessa o meno. Il Rossàl abitava in una catapecchia, circondata da un praticello e da un fittissimo bosco poco distante da Carale, una contrada di Santa Brigida; la sua vita era immersa nella solitudine, composta solamente da caccia e grandi bevute.
La mattina della festa di Santa Brigida, l'uomo girovagava nei boschi attorno al paese, stando attento ad ogni minimo movimento e rumore e controllando minuziosamente ogni singola trappola che aveva posto nei giorni precedenti per catturare uccellini e lepri. Era così intento nelle sue mansioni che non si accorse della presenza che lo stava seguendo in silenzio da diverso tempo: voltandosi, vide un grosso cane nero, spuntato da chissà dove. Il Rossàl cercò di scacciarlo via a male parole, ma la creatura non si mosse e – anzi – iniziò a comportarsi affettuosamente, scodinzolando come se volesse accompagnarlo. L'uomo, che non amava i contatti con altri che non fossero se stesso – giunse al limite della sopportazione e puntò il fucile contro il cane, che si bloccò di colpo, drizzò le orecchie e ringhiando iniziò a parlare: “Arda Rossàl, no sta' a tirà…” (Guarda, Rossàl, non sparare…).
L'uomo strabuzzò gli occhi, incredulo di fronte a ciò che gli era appena successo davanti agli occhi e se la diede a gambe, correndo via verso Santa Brigida. Una volta giunto in paese, si recò in un'osteria: il gestore, stranito dalla presenza dell'uomo sempre burbero e solitario, gli portò il vino richiesto. Dopo quattro bicchieri, il Rossàl raccontò della sua esperienza all'oste che, ovviamente, non gli credette minimamente ma tanto bastò a diffondere la voce in tutto il paesino.
Passarono i giorni e anche l'uomo, ad un certo punto, si convinse che il fatto fosse in realtà tutto frutto della sua immaginazione e decise di non pensarci più. Un paio di mesi dopo, verso la fine di settembre, riprese il fucile in spalla e si diresse nuovamente nel bosco in una domenica mattina. Ma non era una domenica qualsiasi, si trattava bensì della festa dell'Addolorata, la seconda festa più importante dopo quella della Santa Patrona. Questa volta la caccia gli donò una preda prelibata: un grosso camoscio, abbattuto da lui stesso con un solo colpo di fucile.
Caricatosi l'animale in spalla, iniziò a scendere per la strada che conduceva in paese, non con poca difficoltà visto il peso non indifferente del corpo. Era arrivato ormai all'altezza del Sàcc, quando ad un certo punto dalla boscaglia udì un distinto fruscio intenso. Si fermò ad ascoltare e stava per appoggiare il camoscio per imbracciare il fucile, quando sbucò una raccapricciante figura nera, che altri non era che il cane di qualche mese prima. Il suo aspetto era cambiato: da cane mansueto, si era tramutato in una bestia furiosa e ringhiosa, violenta e assolutamente terrificante. Suoni gutturali e quasi umani uscivano dalla sua bocca bavosa, mentre latrava convulsamente contro l'uomo.
Il Rossàl indietreggiò e si ritrovò ben presto sul ciglio di un burrone. Il camoscio che ancora portava in spalla gli impediva i movimenti, ma d'altronde non poteva nemmeno appoggiarlo, distrarsi anche solo un secondo avrebbe voluto dire condannarsi a morte certa. In un ultimo gesto disperato, mollò un calcio all'infernale creatura colpendola in pieno muso, permettendogli di allontanarla, ma perdendo di conseguenza l'equilibrio.
Sotto di lui il terreno iniziò a franare e lo trascinò con sé a fondo, sommergendolo. Rinvenne qualche tempo dopo: la stazza del camoscio doveva averlo riparato dai detriti, ma era ferito in più punti e aveva perduto molto sangue. Cercò di tornare sul sentiero, ma la debolezza ebbe la meglio e si limitò così a gridare aiuto nella speranza che qualcuno, passando di lì, lo soccorresse. Venne trovato da alcuni cacciatori di Santa Brigida il giorno dopo, che lo riportarono sul sentiero e lo adagiarono su una barella di fortuna. Ridotto allo stremo, il Rossàl spirò sulla strada verso il suo paese, non prima di aver però raccontato ai cacciatori il suo terrificante incontro con il diavolo in persona.
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(Immagine in evidenza by Julie Best)