Se passare dai piccoli campetti di paese agli stadi del professionismo sembra un sogno riservato alla fantasia dei bambini, c’è chi ce la fa. È il a caso di Mauro Minelli, 41 anni di Zogno, roccioso centrale di difesa che è partito dalla Valle Brembana per girare i campi di tutt’Italia.
“Ho iniziato a giocare a calcio con la Zognese, quando ancora si giocava al campo Paolo Polli, dopo i pulcini sono passato all’Atalanta: ho fatto la trafila fino alla Primavera e da lì, nel 2001, ho iniziato come professionista, ma in altre squadre”. Il percorso è sempre stato sotto un comune denominatore: “Da piccolo giocavo perché mi piaceva, c’era il sogno di diventare un calciatore ma l’obiettivo non era quello. Crescendo, intorno ai 15-16 anni, capisci che puoi fare carriera e a quell’età pensi a come poter andare avanti. Da bambino era soprattutto divertimento, ma anche dopo ci si continua a divertire” scherza.
Dalla C alla A, lungo tutto lo Stivale
Mauro Minelli con la maglia della Triestina
“La mia prima squadra professionistica è stata il Lumezzane, in C” racconta Minelli, che ripercorre una carriera sviluppatasi lungo tutto lo Stivale.“Poi sono andato in prestito all’Hellas Verona per un anno e mezzo e quindi all’Albinoleffe per due anni, sempre in serie B, poi al Catania dove ho esordito in Serie A, Triestina e Sassuolo in B, sei mesi a Frosinone, poi tre anni a Cremona in Serie C e sei anni a Ciliverghe in D: l’anno scorso è stata l’ultima stagione sul campo, ho giocato all’AlbinoGandino, però è stata una stagione corta a causa del Covid. Da lì ho deciso di smettere, l’età iniziava a farsi sentire e avevo un po’ di acciacchi fisici, così mi sono ritirato”.
Un’esperienza che ha portato il nostro difensore centrale a conoscere diverse realtà, sportive e non solo. “Girando così tanto per l’Italia ho vissuto in città diverse, certamente vivi in un contesto diverso. Ho avuto anche la fortuna di giocare con professionisti di tutte le regioni e continenti, dall’Australia al Giappone: è una fortuna perché entri in contatto con persone e culture diverse, anche giocando in piazze diverse l’esperienza cambia e le differenze le noti, ti fa capire come possano esserci vari modi di vivere, anche lo sport”. Lo sport resta sempre un divertimento, ma anche un impegno al quale dedicare anni della propria vita.
Il goal in serie A e la nazionale under 20
“Gioco a calcio da decenni, è sempre stato qualcosa per divertirmi, ma quando smetti capisci che è importante essere costante – dice Minelli -. Hai risultati solo se ti alleni tutti i giorni, è quello che ti porta avere successo nel calcio come in tutto: anche quando magari non hai voglia di allenarti, lo devi fare perché solo così hai risultati. Visto da fuori, si vede solo il risultato finale, magari altri lavoratori fanno sacrifici maggiori, senza dubbio, ma senza impegno i risultati non arrivano. Le rinunce ci sono, fanno parte del gioco, magari per i giovani non è così facile, ma tante volte non puoi uscire la sera a divertirti, perché hai la partita il giorno dopo o anche solo per mantenere uno stile di vita adatto”.
I sacrifici, come detto, portano a risultati, e uno su tutti è rimasto impresso nella memoria di Mauro. “Ho avuto la fortuna di fare un gol in Serie A, anche solo uno: era lo scontro diretto tra Catania e Chievo, dovevamo vincere per salvarci e ho segnato il 2 a 0 che ha chiuso la partita. Ho giocato con la nazionale under 20 ed è stato un momento molto soddisfacente, rappresentavo l’Italia”. Tra tutte le persone incontrate, quale ha spiccato di più? “Come allenatore, ricordo Pioli a Sassuolo, uno dei migliori che ho mai avuto, il fatto che stia avendo risultati non mi sorprende, si vedeva che era molto preparato”.
A proposito di allenatori, quella della panchina è una strada che anche Minelli sta considerando. “Adesso alleno gli juniores di AlbinoGandino. Per rimanere nell’ambiente calcistico sto cercando di capire se posso dedicarmi a quello: sicuramente è meglio giocare, è più semplice e divertente (ride), ma gli anni passano e bisogna cambiare ruolo. Questo è il mio primo anno ed è complicato. Mi piace un po’ di più allenare i bambini piccoli perché la vedo come una cosa divertente, ci divertiamo entrambi”.