Narcisi al Linzone, una bellezza antica che imbianca i prati dell’alta Valle Imagna

Nuova puntata della rubrica “Vi racconto una fotografia” curata da Filippo Manini, musicista valdimagnino, direttore del Coro CAI Valle Imagna, compositore, educatore, amante della sua terra e da qualche anno appassionato di fotografia (qua il suo profilo Instagram se volete vedere i suoi scatti). Buona visione e lettura! Maggio, mese di narcisi. Della bellezza di questi fiori è superfluo […]
27 Maggio 2023

Nuova puntata della rubrica “Vi racconto una fotografia” curata da Filippo Manini, musicista valdimagnino, direttore del Coro CAI Valle Imagna, compositore, educatore, amante della sua terra e da qualche anno appassionato di fotografia (qua il suo profilo Instagram se volete vedere i suoi scatti). Buona visione e lettura!

Maggio, mese di narcisi. Della bellezza di questi fiori è superfluo enarrare, bellezza che è sotto gli occhi di tutti e che è letteralmente mitica, affondando le sue radici nel celebre mito raccontato nelle Metamorfosi. Ovidio ci riporta che Narciso era un bellissimo giovane che tuttavia se la tirava manco fosse lo Zoncolan (echi di Giro d’Italia…) a tal punto che, va bene che “in amore vince chi fugge”, però c’è un limite a tutto.

Insomma, a causa del suo fare il prezioso, Narciso venne condannato ad innamorarsi della propria immagine riflessa nell’acqua, entrando in un loop di frustrante irrealizzabilità che lo portò a struggersi, letteralmente. Una volta consumatosi, al posto del “bello jovine” venne trovato il rinomato fiore. Le implicazioni simboliche e psicologiche di tutto ciò sono meravigliose: chi non ha mai avuto a che fare con il narcisismo?

Io normalmente non sono appassionato di fiori, ma faccio eccezione per il tarassaco e le genziane, che adoro (credo sia un riflesso culinario: dal tarassaco primaticcio mia mamma ricavava “e’ zecòrie”, buonissime crude con olio sale e aceto, il sapore della primavera; dalla radice della genziana invece si ricava la nota grappa amarissima di cui vado pazzo). Il narciso invece mi ha sempre trasmesso un qualcosa di un po’ fighetto (anche qui, sarà il riflesso dei miei studi classici). Forse però è perché alla base c’è pure un trauma. Ho imparato infatti cosa fossero i narcisi a spese di una figura barbina fatta anni fa, che come tutte le figure barbine, se ben metabolizzate, alla fin fine ti insegnano qualcosa in più della vita.

Ai tempi stavo con una. O meglio, ci stavo prendendo le misure. Insomma, questa era invasata di tigli e narcisi. Ovviamente, in campagna elettorale, si tende ad assecondare tutti i desideri dell’elettorato. Quindi appena mi confessò queste sue viscerali passioni botaniche partì dentro di me il meccanismo dell’elaborare strategie per soddisfare la sua attesa, con la sorpresa. Il tiglio non mi faceva problema: sapevo bene cos’era, forma, fiori, profumi, e la sua spiccata tendenza a sbavare sulla carrozzeria fresca di autolavaggio parcheggiandoci sotto nella stagione sbagliata. Sul narciso ero un poco più impreparato, ma ancora non lo sapevo. Anzi, ero convintissimo di cosa fossero i narcisi.

Tant’è che una sera organizzai di portarla ad ammirare il tramonto su ampie distese di narcisi come mai aveva visto in vita sua. Era fine marzo. Lei deve avermi formulato qualche pensiero scettico in merito al periodo, ma io glissai subito con sicumera: fidati di me. E così me la portai sui prati di Valcava. Quando arrivammo sul posto in effetti i prati, a parte qualche rimasuglio di neve, erano ricoperti da un manto floreale bianco, con qualche punteggiatura viola qua e là. La guardai con un “eh?” condito da soddisfazione-complicità-sboroneria. Lei dal par suo mi rispose con un “mmm” tra il faceto-compassionevole-incredulo. “Filippo – poi disse – Ma questi sono crocus…”.

La storia poi finì quasi subito. Non fu per colpa dei narcicrocus, sia chiaro. Quell’episodio però mi insegnò che è sempre meglio non dar per scontate le proprie conoscenze. E mi insegnò a distinguere i narcisi dai crocus, ovviamente. Un paio di settimane fa, sfogliando uno di quei bei volumi del Centro Studi Valle Imagna zeppo di cartoline storiche della valle, mi è capitata sott’occhio una fotografia del mitico Battista Mazzoleni, una veduta su Costa Imagna con una distesa di narcisi in primo piano. Siccome ho i neuroni specchio sempre belli attivi, mi è venuta voglia di regredire nel tempo e calarmi in quell’epoca. Ho pensato allora di fare una “narcisata” fotografica.

narcisata battista mazzoleni 1 - La Voce delle Valli
La foto di Battista Mazzoleni a Costa Valle Imagna

È qualche settimana che sento l’esigenza di rompere col mio stile solito; non so francamente come, ma so che lo scoprirò solo sperimentando. La foto del Battista è stata come un richiamo lontano a tornare a pensare all’atto di fotografare. Non aveva mezzi digitali il Battista, e non aveva gigabyte di schede SD dove salvare miriadi di fotografie scattate a raffica senza pensieri. Girava per la valle, probabilmente col banco ottico, cercava il posto, si posizionava, componeva, esponeva la lastra, portava a casa, sviluppava, stampava. La fotografia era nell’atto stesso di fotografare, ed era un atto unico.

Ecco allora che non è nato solo uno scatto, ma una serie di scatti mirati ambientata sul Linzone. Una narcisata fotografica, richiamo per immagini delle reali raccolte (ora proibite) che anni fa richiamavano gente alla ricerca del superbo fiore; non solo per vezzo, ma anche per ricavarci qualcosa dalla vendita. Per salire al Linzone ho scelto la zona dietro il Parco Avventura della Roncola, dove si apre quel bellissimo anfiteatro dolomitico che è un dedalo di camminamenti in mezzo a detriti calcarei. Già che c’ero, volevo fare anche uno scatto al maestoso contrafforte che domina tutto il ghiaione. E che per me è il cugino meridionale del Dente della Tisa. Ma questa è un’altra storia. Alla mia serie allego lo scatto del Battista, decano dei fotografi della terra d’Imagna.

Ecco le foto

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