I nostri borghi portano sulle proprie spalle una grande storia antica, per quelli montani fatta perlopiù di agricoltura, allevamento e quotidianità nella natura. È il caso di Moio de' Calvi, piccolo paese incastonato fra i monti della Valle Brembana che nasconde in sé tracce di un passato che aspetta solo di schiudersi di fronte a chi abbia voglia di osservarlo.
Il paese è diviso in cinque frazioni: Moi, Curto, Costa, Foppo e Miralago. Con le sue 206 anime, è uno dei borghi più piccoli dell'Alta Valle: il più alto picco demografico mai registrato lo si ha avuto nel 1596, quando risultavano ben 640 abitanti. Con il passare degli anni questo numero è calato sempre e sempre più, complice un progressivo spopolamento dei nostri territori che non risparmia nessuno.
Il nome “Moio” (in passato scritto con la forma “Mojo”) sembra originare dalle parole indoeuropee mos, mog e mok (palude, terreno molle), indicanti un'area particolarmente umida densa di sorgenti – di cui Moio è particolarmente ricca – traslitterato in dialetto come “moi”, da qui Moio. L'aggiunta “de' Calvi” risale al 1863 in seguito ad un decreto del nuovo governo d'Italia per eliminare la possibilità di omonimia fra paesi (un esempio è il “quasi” omonimo di Moio de' Calvi, il salernitano “Moio della Civitella”). La scelta è dovuta alla famiglia veneziana dei Calvi, ora uno fra i cognomi più storicamente importanti del paese, che in passato aveva scelto Moio come propria residenza di caccia.
La sua chiesa parrocchiale è dedicata a San Mattia Apostolo e ha una storia che risale al 1500. Ristrutturata nei primi anni del 2000, con la sua facciata gialla domina sul paese; la torre campanaria è di stile romanico, mentre la facciata è neoclassica con influenze romaniche. Al suo interno preziosi dettagli, statue, intagli e affreschi decorano le pareti, la navata e l'altare barocco. Quattro sono le altre chiese sussidiarie nel territorio: quella di Sant'Anna in località “Curto”, quella di Santa Maria Maddalena, Madonna del Buon Consiglio in contrada “Foppo” ed infine la Cappella di San Rocco nella frazione “Costa”.
Nel periodo feudale, Moio non ebbe la sua autonomia amministrativa fino alla fine del Cinquecento: il suo territorio apparteneva invece al limitrofo Comune di Valnegra. La nascita vera e propria del Comune si ha nel 1590, ma lo smembramento fu complesso e travagliato dal punto di vista territoriale, economico e di manutenzione. L'organizzazione amministrativa, composta da tre sindaci – uno per contrada – un console, un tesoriere, un notaio-scrivano, i campari, un servitore, degli estimatori, un canepario, un consigliere di Valle e un conciero, restò tale fino al 1797, anno che coincide con la fine della dominazione veneta.
Da quel momento, dopo 369 anni, per Moio ha inizio il “periodo francese” che fu negativo per certi versi, ma positivo per altri. Nel 1798 il paese fu nuovamente aggregato alla vicina Valnegra, tornando ad essere autonomo per poco tempo – dal 1805 al 1809 – quando fu raggruppato insieme a Piazza, Valnegra e Lenna dando vita al comune di “Piazza e Uniti”. La realtà di quei tempi era misera e l'unico sostentamento erano lo sfruttamento dei boschi, dell'allevamento e l'emigrazione. Dall'altro lato, fu istituita nel 1803 la prima attività scolastica, il cui primo maestro fu don Giacomo Calvi.
Una dominazione che durò poco, poiché nel 1815 nacque il Regno Lombardo-Veneto, dominato dagli austriaci, che permise a Moio di ottenere di nuovo la sua autonomia l'anno successivo. Dopo l'unità d'Italia avvenuta nel 1861, nel comune iniziò una sorta di “rivoluzione” a livello scolastico, di viabilità e igienico-sanitario. La scuola elementare, dopo essere stata chiusa, venne riaperta nel 1881, mentre su tutto il territorio vennero realizzate delle fontane pubbliche, ancora presenti nelle frazioni.
Il primo dopoguerra fu un periodo difficile, che spinse i comuni dell'Alta Valle ad una nuova aggregazione. Nel 1927, a seguito di un provvedimento del regime fascista, ci fu un accorpamento dei piccoli paesi, che interessò fra gli altri anche Piazza Brembana, Lenna, Valnegra e Moio formando insieme San Martino de' Calvi, sciogliendosi successivamente dopo la Seconda guerra mondiale nel 1956.
VIABILITÀ – Uno dei primi provvedimenti della neonata amministrazione, risale al 1592 e riguarda la riqualificazione di una strada già esistente e che partiva dal territorio detto “Le Prede Zonte” delineandosi verso Moio, proseguendo per Valnegra per arrivare infine alla chiesa di San Martino, a Piazza Brembana. Numerose erano però già all'epoca le mulattiere e i percorsi che affondavano i propri tracciati fra boschi e prati. Ancora presenti ora la scorciatoia detta “Codeghella Bassa” e la sua corrispettiva “Codeghella Alta”, antiche vie che ancora oggi collegano i comuni di Moio e di Valnegra.
Di grande importanza fu la strada Lenna-Branzi (ora Strada Provinciale), costruita attorno al 1850: una vera “miniera d'oro” per il comune, poiché consentiva il passaggio dei carri nella contrada del “Foppo”, permettendo un rifiorire di osterie e botteghe e quindi un rilancio economico in un clima di povertà quasi assoluta.
Nel 1915 venne realizzata una delle importanti strade di Moio, quella che dal “Foppo” giunge in centro paese; la necessità di realizzare un percorso era dovuta principalmente al recente prolungamento della ferrovia della Valle Brembana, di enorme importanza per l'economia vallare. Per le altre contrade, bisogna aspettare il 1965, quando si realizzò la strada di allacciamento con le frazioni “Costa” e “Curto”: prima di allora prorompevano praterie e colline che si estendevano sul territorio montano fra scorciatoie e mulattiere.
STRUTTURE RICETTIVE E SERVIZI – Nel 1920, nel primo dopoguerra, nacque a Moio de' Calvi la “Cooperativa di Consumo”, con sede nel palazzo dell'Asilo – ora in Piazza IV Novembre – la cui proprietà era divisa in quote fra i cittadini. Per decenni svolse il suo ruolo commerciale in paese, fino a quando dopo la Seconda guerra mondiale la licenza divenne privata e venne rilevata dal suo primo titolare Domenico Pietro Beltramelli insieme alla moglie Rita Midali, che insieme hanno gestito il negozietto fino al 1984 quando viene ceduto ai coniugi Primo Busi e Patrizia Buzzoni.
Nel 2004 l'esercizio viene inserito nell'Albo degli esercizi di storica attività della Regione Lombardia, un prestigioso riconoscimento per il piccolo comune brembano. Dopo 27 anni di attività la licenza viene ceduta a Sara Cortinovis, chiudendo definitivamente nel 2018.
Altri quattro esercizi pubblici furono in attività nel primo dopoguerra nel territorio comunale: tre trattorie in frazione “Foppo” e una bottega di rivendita di vino e giochi. Dopo la Seconda guerra mondiale, le attività salirono a ben 18, quasi tutte collocate nella bassa frazione “Foppo”.
Oggi, due sono le strutture ricettive a Moio de' Calvi: l'“Albergo Panoramico” e la “Trattoria – Pizzeria La Mela”. L'albergo è gestito dalla Famiglia Calegari dal 1970; nel 2003 l'edificio è stato ristrutturato, permettendo la fabbricazione di 12 camere. Il punto di ristoro ha invece ripreso la sua attività nel 2018 dopo alcuni anni di stop. Posto nei locali sotto il Comune di Moio, numerosi sono i titolari che si sono susseguiti negli anni dalla sua apertura, fino all'attuale gestore Anna Tassis.
Due sono le strutture famose che il territorio di Moio può vantare: la centrale elettrica e lo stabilimento dell'acqua Stella Alpina. Completata nel 1932, la centrale si trova in un elegante edificio dall'aspetto rinascimentale, con numerosi archi e colonnine riprodotte anche al suo interno. Uno dei vantaggi di questa nuova realtà fu la fornitura di energia elettrica gratuita per l'illuminazione pubblica, il comune e le scuole del territorio di San Martino de' Calvi.
Fu realizzato in seguito anche il bacino del Lago Bernigolo, in territorio moiese ma a servizio della centrale di Lenna. Nel 1957 sorse invece lo stabilimento di acque minerali Stella Alpina, brand ormai famoso a livello internazionale, la cui sorgente sgorga dalla roccia viva nel versante sud del Monte Torracchio.
(Fonte immagine in bianco e nero in evidenza: Storylab)