Penna e calamaio – Giacomo Calvi, il professore amante della storia e dell’arte brembana

Una vita da cui trarre grande ispirazione, sempre a contatto con la storia, la ricerca e l'arte: lui è Giacomo Calvi, 75 anni di Piazza Brembana.
27 Marzo 2019

Una vita da cui trarre grande ispirazione, sempre a contatto con la storia, la ricerca e l'arte: lui è Giacomo Calvi, 75 anni di Piazza Brembana. Figura poliedrica e fonte inesauribile di interessanti nozioni e affascinanti aneddoti, nella sua vita è stato professore di lettere, preside, sindaco e soprattutto scrittore di diversi libri che toccano tematiche differenti, ma tutte legate all'alta Valle Brembana.

Giacomo Calvi si è laureato in Arte all'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, negli anni 1968-1969. “Il mio orgoglio è la mia tesi di laurea – spiega – Laureandomi mi sentivo sempre un po' attaccato al mio paese, tanto da realizzare una tesi di laurea sui Guerinoni, i grandi pittori di Averara insieme Gian Alberto Dall'Acqua, mio professore”. Durante gli studi, nel '64 Calvi diventa anche insegnante di Lettere alle scuole medie di Valnegra, di cui ne è diventato preside dopo esserlo stato a Olmo al Brembo e diventandone successivamente a Serina, a San Giovanni Bianco e infine a San Pellegrino Terme. In quegli anni è stato, per otto anni, il presidente del distretto scolastico Valle Brembana, potenziando e spingendo i ragazzini verso l'orientamento scolastico post-scuole medie.“Questo perché la Val Brembana, in ambito provinciale, era l'ultima zona di proseguimento degli studi – spiega Calvi – Nel 1983, in Valle avevamo solo il 16% di ragazzi che avevano scelto di proseguire per le scuole superiori, per cui abbiamo potenziato l'orientamento scolastico tramite incontri con gli studenti e le loro famiglie in primavera”.

Professore, ma non solo. Dal 1970 al 1985, infatti, Giacomo Calvi è stato anche primo cittadino di Piazza Brembana, interrompendo solo per fare il vicesindaco e riprendendo dal 1995 al 2004, anno ultimo della sua carriera politica prima di diventare consigliere di minoranza per qualche anno. Molto legato al suo territorio e alla sua cultura, dal 1970 ha fatto parte come assessore del Consiglio di Valle prima, e della Comunità Montana poi, nel ruolo di assessore ai Rapporti con i Comuni e successivamente all'Agricoltura, istituendo la Cooperativa Agricola Sant'Antonio in Valtaleggio, di cui è stato il primo presidente, e sistemando e rilanciando la Cooperativa di Valtorta. Nel frattempo ha collaborato in termini pratici alla creazione del Gruppo Allevatori Montagna Alta Valle Brembana (Gamav) e del Consorzio di tutela Formai de Mut (Ctfm), che è stato riconosciuto come formaggio DOC, Denominazione di Origine Controllata. “Chi per commercio porta avanti un formaggio, lo fa per commercio – spiega Calvi – Ma la qualità è la DOC, che deve essere controllata. Il marchio deve essere dato se io garantisco una serie di standard di produzione: per difendere il lavoro della gente e la qualità del tipo di formaggio, è stata istituita la DOC”.

Un amore per il proprio territorio e la Valle che si è tradotto in letteratura, scrivendo libri di stampo storico e artistico che ruotano tutti attorno alla vita e alla storia dell'alta Valle. Il primo libro ha visto la luce nel 1988 con il titolo “Alta Valle Brembana un palmo di terra”, realizzato in collaborazione con il fotografo Gio Lodovico Baglioni. In quest'opera si parla del Formai De Mut e dell'alta Valle attraverso una storia ricca di agricoltura e allevamento, raccontata tramite le fotografie del tempo. “Abbiamo inserito delle foto del Baglioni, dove presentavamo quella che era la miseria di allora, esteticamente bella, ma estetica ed etica sono due cose differenti. Queste immagini mostrano com'era allora la vita: quando tu osservi un quadro o una fotografia, è necessario abituarsi ad osservarne anche i particolari, a leggerli e a vederli nella storia dello sviluppo e nelle prospettive, perché la valle sta morendo”.

Successivamente scrive, insieme a Roberto Boffelli, un libro sul famoso artista Eugenio Goglio. In quest'opera, Calvi narra la vita dell'uomo, che aveva iniziato ad utilizzare la macchina fotografica inizialmente per riprodurre immagini da utilizzare per i suoi modelli scultorei. “Al tempo, quando realizzavano le sculture, facevano il calco in cemento e poi le riproducevano. Tu puoi trovare così la stessa scultura in differenti luoghi della Val Brembana” spiega Calvi. Ispirato dall'amico e ritrattista Calegari, Goglio inizia successivamente a ritrarre le persone attraverso la fotografia, in cornici create da lui e mettendole in posa quasi fossero un quadro, iniziando così quella serie di scatti che sono diventati ora preziose testimonianze di un'epoca: tutta la sua immensa vita è stata raccontata in questo volume.

Sempre di arte di parla, seppur in maniera leggermente diversa in un altro libro di Giacomo Calvi – “Rovelli di Cusio e l'arte dell'intarsio e della tarsia lignea in Valle Brembana” – realizzato insieme a Roberto Boffelli e a Gabriele Medolago. In quest'opera si parla di uno dei mestieri ritenuti fra i più poveri, ovvero quello del falegname, i cosiddetti “marangoni”, studiandone tutte le famiglie brembane e catalogando paese per paese i manufatti – oggetti e tavole – di legno, intarsiati egregiamente e conservati nelle chiese. “Abbiamo trovato questa famiglia dei rovelli che sono stati dei marangoni di classe A, soprattutto il grandissimo Antonio rovelli, alla cui scuola ha imparato il grande Gio. Paolo Caniana” spiega Calvi.

Fra i numerosi campi di ricerca, il preferito di Calvi è quello storico, seppur amante dell'arte, di cui vuole capire il linguaggio e la storia che cela, piuttosto che la sua bellezza. “Il mio gusto è per la storia, attraverso l'arte che è bellissima – racconta Calvi – L'arte è un messaggio, l'arte è un momento di espressione più alta che c'è del concetto, tradotto in immagine. Per me la storia è importante, capire la storia, capire la vita, e l'espressione della vita, di questo modo di rapportarci e di unirci e di migliorare e aiutare gli altri a capirci”. Ma come funziona la ricerca documentale? Prima di tutto, esistono i documenti “non scritti”, che possono essere ad esempio la visione di una casa, un paesaggio o un ambiente che potrebbe collegarsi ad un concetto. Poi ci sono i documenti scritti, conservati a Bergamo nell'Archivio storico di Stato, “ dove bisogna avere pazienza di cercare e saper leggere” aggiunge Calvi. Altra importante fonte sono le parrocchie, cui parte dei documenti sono conservati nella curia, grazie ai libri tenuti dai parroci a partire dal 1575 che trascrivevano battesimi, matrimoni, defunti e fuochi, ovvero le famiglie.

Ora Giacomo Calvi sta lavorando, insieme al Centro Storico Culturale Valle Brembana di cui fa parte e con cui ha collaborato per la realizzazione dei Quaderni Brembani, ad una monografia sul tema dell'emigrazione in ambito vallare. “L'anno scorso abbiamo realizzato un unico numero estivo sulla scuola, mentre quest'anno sarà dedicato all'emigrazione – spiega – Illustreremo che l'emigrazione è un dato congenito ad una valle che era povera di sopravvivenza: era una valle di passaggio, quindi transumanza dal nord al sud e viceversa e che da sempre ha visto la propria gente cercare lavoro fuori o esportare, non solamente per povertà, ma anche per portare le proprie grandi capacità all'estero”. Un esempio riguarda i mastri ferrai brembani, che venivano spesso chiamati in aiuto nelle abbazie francesi, e l'emigrazione degli artisti come i tagliapietra “come il Codussi, che è andato a Venezia” e i grandi pittori, “come i Bonetti di Bàresi, oppure i Bascheni”.
Infine si parlerà di emigrazione all'estero, collocata specialmente in Argentina, America del Nord e del Sud: “il bollettino parrocchiale nasce, infatti, nel 1912 come segno di contatto ed unione con i nostri emigranti all'estero”.

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