Articolo estratto da “Quaderni Brembani n.8” a cura di Wanda Taufer.
La lettera che qui riproduciamo è conservata in una bacheca del Museo dei Tasso e della Storia Postale di Cornello dei Tasso, dono del dottor Adriano Cattani, direttore del Museo. Datata 18 ottobre 1851, fu spedita da Ponte San Pietro e indirizzata a Cassiglio, al signor Giovanni Antonio Bagini: si tratta di una delle primissime missive con francobollo che abbia percorso la via postale della Valle Brembana.
La lettera è affrancata con un valore di 15 centesimi, appartenente alla prima serie di francobolli emessi in Italia dal Regno Lombardo Veneto, allora sottoposto alla dominazione austriaca. Prima di allora la tassa postale doveva essere pagata direttamente al corriere dal mittente o dal destinatario. L’emissione dei francobolli comportò un notevole miglioramento del servizio postale perché il pagamento anticipato, attestato dall’applicazione dei francobolli sulle lettere semplificò il lavoro degli impiegati e uniformò le tariffe.
La serie del Lombardo Veneto fu emessa il 1° giugno 1850, dieci anni dopo che in Inghilterra a seguito della riforma di Rowland Hill aveva visto la luce il famoso “penny black”, il primo francobollo al mondo (un esemplare del quale, applicato su una lettera del 28 giugno 1840, primo anno d’uso, si può ammirare al Museo dei Tasso, dono dell’editore Bolaffi su iniziativa degli Amici del Museo).
La serie del Lombardo Veneto era costituita da 5 esemplari di valore diverso, compreso tra i 5 e i 45 centesimi: cent. 5, francobollo di colore giallo, usato per le stampe, i giornali e i testi pubblicitari; cent. 10, colore nero, tariffa relativa alle distanze più brevi; cent. 15, colore rosso, per una distanza fino a 10 leghe (75 km); cent. 30, colore marrone, per distanza tra 10 e 20 leghe;
cent. 45, colore blu, per distanze superiori alle 20 leghe.
La lettera indirizzata a Cassiglio era quindi affrancata con il valore di 15 centesimi in quanto la distanza coperta era inferiore ai 75 km. È interessante a questo punto dare uno sguardo al contenuto della missiva che apre uno spiraglio sull’economia della Valle Brembana alla metà dell’Ottocento, poiché tratta dell’attività della “ferrarezza”, a quei tempi ancora praticata, benché in
forte declino. Il mittente, Giuseppe Antonio Bassani, si lamenta con il Bagini, gestore di una fucina di chioderia a Cassiglio, per una serie di disguidi nella fornitura del materiale richiesto.
Il Bassani afferma infatti di aver ritirato dal rappresentante del Bagini, tal Zanchi, sei sacchi di chioderia lucida, pagando 656,10 lire milanesi, ma di non essere stato soddisfatto della merce, risultando essa “tirata troppo pesante” e dicendosi sicuro che alla prossima occasione il venditore lo compenserà debitamente del disguido. Ma non basta, il Bassani si lamenta per aver trovato tra la merce ricevuta un sacco di chiodi quadri da mula che non aveva mai commissionato, in luogo dei chiodi da cavallo di cui aveva al contrario urgente bisogno, essendone interamente sprovvisto. A tale scopo, l’acquirente ritiene necessario ribadire le caratteristiche dei chiodi richiesti, “un sacco di chiodi cavallo diamanti belli” e inoltre “un sacco di cavallo con testa quadra”.
La lettera si chiude qui, ovviamente non prima di aver riverito distintamente il destinatario. Chissà se poi il Bagini avrà rimediato ai suoi errori, sintomo forse della decadenza dell’attività di chioderia in Valle Stabina, che subirà il colpo di grazia una quarantina di anni dopo, travolta dalla disastrosa alluvione del 29 giugno 1890 che spazzò via quasi tutte le fucine chiodarole della Valle Stabina.