Articolo estratto da “Quaderni Brembani n.21” a cura di Roberto Boffelli.
Parlarne oggi, nell’era dei computer e dei portatili fa quasi sorridere; eppure una volta, e fino a non tanto tempo fa, nelle scuole italiane la calligrafia era materia di insegnamento. Con molta pazienza e a volte con molto rigore, gli alunni sin dalle scuole elementari erano sollecitati dai maestri ad imparare a scrivere bene, prima in brutta copia e poi sui quaderni di bella copia. Inizialmente riempivano le pagine di aste, di cerchi, per poi passare alle lettere tonde, miste con gambe verso il basso e prolungamenti verso l’alto. In uno sforzo costante di rendere “bella” ed elegante la scrittura.
In un’epoca in cui vi erano già le macchine da scrivere, ma molto era ancora scritto manualmente e doveva presentare delle caratteristiche di leggibilità ed estetica codificate. Certamente l’utilizzo del pennino e delle prime stilografiche non permetteva una scrittura molto veloce e pertanto era più facile che fosse accurata… nonostante le facili macchie di inchiostro. Con l’avvento delle economiche penne biro, negli anni ‘60, che hanno permesso una scrittura più veloce si è iniziato ad avere meno cura della propria scrittura.
Altro fattore fondamentale è stata la soppressione, agli inizi degli anni ‘60, dell’insegnamento scolastico della “bella scrittura” ridotto alla sola prima elementare quando la maestra/o scriveva sul tuo quaderno una prima riga di lettere e tu, scolaro, dovevi ripeterle molte volte cercando di copiarle dignitosamente certamente non come negli anni precedenti quando erano molto frequenti le punizioni di scrivere almeno 50 volte la medesima parola sui quaderni a righe. Ora, ai giorni nostri, con l’arrivo dei mezzi informatici, non siamo più abituati a scrivere a mano, lo scrivere in modo leggibile è sempre più una rarità non solo in età scolare ma anche per gli adulti.
“Chi non sa leggere la sua scrittura / è un asino di natura”
L’insegnamento in Italia
Dalla scuola elementare e media, dove era una comune materia di studio, l’insegnamento della “bella scrittura” trovava il massimo grado di perfezione nelle scuole tecniche di avviamento professionale sia maschili, sia femminili come disciplina essenziale per lavorare nel commercio, nell’industria e negli uffici come impiegati.
Il Regio Decreto del 1899 prevedeva per quest’ultimo ordine di scuole 3 ore settimanali (solo 2 ore nel femminile) per le prime classi con esercitazioni sul carattere inglese posato di varie altezze e sul corsivo inglese; mentre nelle seconde classi vi erano lo studio del corsivo, dello stampatello; nelle terze classi, infine, lo studio del gotico antico e moderno, stampatello romano e la distribuzione estetica dei caratteri. Esistevano manuali e quaderni ad album distribuiti in tutto il territorio italiano o in ambito regionale.
Quelli di più alta diffusione erano i numerosi manuali “La Calligrafia. Metodo teorico pratico” di scrittura italiana (inglese), scrittura rotonda insegnate nelle scuole di avviamento commerciale, magistrale, professionale e industriale, scuole tecniche commerciali e negli istituti tecnici, commerciali e amministrativi; scritto dal Prof. Giovanni Tonso docente presso il Regio Istituto Sommeiller e la Scuola Lagrange di Torino a fine ‘800; o la serie “Il bello scrivere. Studio completo di calligrafia svolto con i più moderni sistemi e con procedimento teorico, pratico, nazionale” che trattava lo studio della scrittura inglese, gotico delle pergamene, lapidari, stampatello aldino e scrittura rotonda edito da vari editori. L’insegnamento della calligrafia, denominata anche “Bella scrittura”, è diventata ìmolto diffusa e importante dagli inizi del XIX secolo e dopo l’Unità d’Italia è presente nei programmi formativi ministeriali per tutte le scuole: normali, complementari, tecniche fino agli inizi degli anni ’60 dello scorso secolo.
Bernardino Calvi, di Lenna, maestro di calligrafia
È in questo periodo che si inserisce la giovane esistenza di Bernardino Calvi (fratello di mia mamma) nato al Cantone San Francesco, frazione di Lenna il 6 marzo 1894 figlio del maestro Giov. Battista e di Giuseppina Milesi originaria di Roncobello. Frequentate con successo, come il padre, le scuole secondarie presso l’Istituto Salesiano di Treviglio, il 18 ottobre 1912, a soli 18 anni si diplomò maestro elementare e nel novembre dello stesso anno venne assunto presso l’Istituto scolastico Gervasoni a Valnegra, subentrando nell’insegnamento della quarta classe al prof. Carlo Traini, promosso nelle scuole comunali di Zogno.
Dotato di intelligenza non comune e particolari doti artistiche, il 12 maggio 1915 ottenne a Vicenza con ottimo risultato il diploma per insegnamento di calligrafia nelle scuole Tecniche e normali. Frequentò per posta un corso con la Scuola Aspiranti Segretari Comunali di Cuneo e, dalla corrispondenza recentemente ritrovata, intercorsa con il Prof. Giovanni Praiolo segretario provinciale di Cuneo, si rileva la sua predisposizione allo studio e all’apprendimento delle materie. Corso che dovette però sospendere in quanto chiamato alle armi nel giugno del 19155 durante la prima guerra mondiale.
Durante il periodo bellico contrasse la “febbre spagnola” e morì all’ospedale militare di Torino il 23 settembre 1918. Ai poveri genitori accorsi per l’ultimo saluto, non fu possibile neppure riportarne il corpo al proprio paese. Fu sepolto con tanti altri commilitoni nel sacrario presso la Gran Madre. Purtroppo rimangono pochi esempi del suo operato; per le spiccate capacità calligrafiche, venne richiesta la sua prestazione per i registri comunali di Lenna; suo è il “logo” utilizzato da Eugenio Goglio sul retro delle foto tessera del tempo.
La scomparsa della calligrafia si avverte sempre più vedendo come scrivono molto male le nuove generazioni. Certamente lo scrivere a mano è divenuto sempre più raro dato che ora siamo invasi da vari mezzi informatici. Non si scrivono più lettere ma e-mail o sms. Gli atti notarili sono informatizzati, come pure i bilanci societari. Quando un professore
deve correggere una composizione di un suo studente fatica, più delle volte, a capirne la scrittura che anche un grafologo fatica ad interpretare per i suoi studi.