Come si dice “polenta taragna” in francese? Dalla bergamasca alla Francia il passo è spesso breve. Non è così per Rosario Manzinali: partito dalla Valle Imagna, è approdato Oltralpe dopo aver girato per l’Italia, con una costante: il lavoro in cucina, la professione di chef a cui Rosario ha dedicato una vita intera. “Io sono di Sant’Omobono e ho sempre abitato in località Roncaglia (Cepino ndr). Lavoro in cucina da decenni: ho cominciato con gli studi di ragioneria, ma durante il primo anno di superiori ho iniziato a lavorare in un ristorante vicino a casa mia, avevo 13 anni e ho cominciato a entrare in contatto con i cuochi: da lì ho deciso allora di cambiare indirizzo e sono andato a fare l’alberghiero a San Pellegrino Terme. Nelle stagioni estive lavoravo, soprattutto a Madonna di Campiglio o al mare.” Ora di anni ne ha 42, ma Rosario ha trovato il suo mondo e non l’ha più lasciato.
“Quando ho finito la scuola sono partito militare, anche lì in cucina, in mensa. Ho cominciato a lavorare come stagionale a Campiglio, oppure facevo le stagioni a Rimini, a Gabicce, ma ero stanco della poca qualità del lavoro, preferivo lavorare in montagna, sempre in Trentino. Poi ho deciso di cambiare tutto, ne avevo bisogno: sono andato tre anni a Parigi in un ristorante stellato, ma la vita era dura e si guadagnava poco – ricorda – così sono rientrato in Italia. Ho deciso di stabilirmi in valle, in Francia avevo conosciuto quella che poi è diventata mia moglie, una ragazza italiana che lavorava in Germania. Siamo rientrati in Italia insieme, io lavoravo nella zona della bergamasca e in Valle Imagna. Ma avevo sempre bisogno di cambiare, fa parte del mio carattere, fortunatamente entrambi non ci siamo fatti problemi, anche la mia compagna voleva spostarsi. Abbiamo così deciso di andare in Svizzera, lo chef per cui lavoravo a Parigi mi ha chiamato per offrirmi un lavoro vicino a Ginevra e mi sono trasferito, dopo qualche mese ho preso il suo posto definitivamente”.
Una scelta che ha permesso a Rosario di trasferirsi Oltralpe, con una serie di benefici non indifferente. “Vivo in Francia e faccio il frontaliere, l’avevo fatto anche dall’Italia, si poteva fare tornando in Lombardia due giorni alla settimana. Per quanto riguarda il lavoro, la vita è migliore: diciamo che ci sono due giorni di riposo, molte volte al weekend, perché la cucina è aperta 7/7 e puoi scegliere i giorni che vuoi. Così, ho tempo per seguire la famiglia e i miei bambini, il fatto di essere in una struttura grande è un vantaggio. Dopo il Covid hanno ridotto il personale anche qui, però la qualità è alta lo stesso, sei più considerato come lavoratore, i tuoi diritti sono più rispettati: se non ti riposi per una settimana ti chiama la Direzione e ti obbliga a fermarti”.
Certamente, la Svizzera non è un paese economico in cui vivere, ma i vantaggi si percepiscono chiaramente. “Il costo della vita è più alto, ma la ristorazione dà più soddisfazione: in Italia c’è una corsa al ribasso, su prezzi e qualità, io finché posso voglio restare fuori da quel sistema, preferisco offrire un prodotto migliore piuttosto che offrire un pranzo da 10 euro con qualità bassa. Anche a livello familiare in Francia sto bene – spiega Rosario -: i bambini a scuola si sono inseriti subito. Arrivi a scuola la mattina e senti parlare sei o sette lingue, tanti bambini sanno almeno due lingue, perché i loro genitori hanno lavorato all’estero e magari sono qua di passaggio”.
Le differenze con l’Italia stanno soprattutto in una serie di atteggiamenti e modi di vivere. “Quello che non ritrovo qua è tutto il contorno: in Italia se ti serve qualcosa dopo le 18.05 lo trovi, qua dopo le sei chiudono tutto e amen, e in Svizzera è ancora peggio. I tempi di attesa sono lunghi, in Italia si cerca di servire meglio le persone.
Mio fratello è elettricista in Italia, gli ho raccontato che qua in Francia bisogna aspettare almeno cinque giorni prima che un operaio possa venire per fare un lavoro – ci dice – manca la propensione di accontentare il cliente. All’estero è meno importante il fattore umano nel rapporto lavorativo. Si crea più distacco, il sistema è diverso, qua moltissimi sono stranieri, gente di passaggio che magari tra un anno andrà via”. La distanza da casa, invece, non è un problema. “Ovviamente, la famiglia mi mancava, ma due o tre volte all’anno vengono a trovarmi, bastano quattro ore di strada e sono qua, vivo all’estero ma sto a 400 km da casa, sono più vicino di quando lavoravo in Romagna” scherza Rosario . La vicinanza, in ogni caso, non si traduce in un desiderio di tornare indietro.
“Attualmente, non penso di rientrare: a mia moglie dico sempre che finché si può restiamo qua, quando non dovremo più lavorare per vivere e potremo aprire una nostra attività, allora tornerò in Italia, per un discorso di passione. Certo, non sai mai la vita come va, la mia casa in Valle ce l’ho, ma la speranza è di stare qua, finché i bambini stanno bene sarà così:, il posto è bello, con tanta natura, pace e silenzio, c’è un grande rispetto per gli altri”.