Nicola Rondi, l’anima rock di San Giovanni Bianco

La musica scorre in lui come sangue nelle vene e il suo cuore batte a ritmo rock: stiamo parlando di Nicola Rondi, 31 anni di San Giovanni Bianco che della musica ne ha fatto la sua vita.
30 Settembre 2019

Chitarrista ma non solo, un musicista a tutto tondo con una band – i “The Convention” – e un progetto personale con un album all’attivo. La musica scorre in lui come sangue nelle vene e il suo cuore batte a ritmo rock: stiamo parlando di Nicola Rondi, 31 anni di San Giovanni Bianco che della musica ne ha fatto la sua vita.

La sua curiosità musicale nasce da bambino, incantato dalla passione trasmessa dal padre. Il suo primo approccio alla musica è di tipo scolastico, a 8 anni sui tasti di un pianoforte. A 15 la passione per la chitarra – classica, acustica o elettrica che sia – prende il sopravvento in maniera dirompente.

Negli anni si diletta anche in altri strumenti, fra cui il basso ed il corno. “Per qualche anno ho fatto corsi di pianoforte in maniera privata, ma è nel 2003 che mi sono avvicinato alla chitarra frequentando alcuni corsi – racconta Nicola – Dopodiché sono andato avanti da solo, da autodidatta”. Una piccola parentesi della sua carriera musicale è, poi, anche la banda musicale di San Giovanni Bianco, dove ha imparato a suonare il corno.

La gavetta l’ha fatta fra le band locali e anche di fuori provincia, all’inizio con gruppi tributo e poi con i Route 69, una band della Valle Brembana con cui ha inciso diversi album e partecipato a tournée, anche estere. “Avevamo affiancato un’altra band, che ci ha permesso di avere qualche data in Germania e in Repubblica Ceca – ricorda il chitarrista – Suonavamo musica nostra in inglese e nel nostro periodo di attività, dal 2007 al 2012, abbiamo prodotto quattro o cinque album”.

The Convention” è un nome sicuramente familiare nel panorama musicale brembano: una cover band a 360°che si destreggia fra musica straniera e italiana, piacevole presenza a feste, matrimoni ed eventi sia locali che non. A fondarlo è stato proprio Nicola, insieme all’amico e musicista Paolo Bonzi – anche lui di San Giovanni Bianco – nucleo originale di questa band formatasi nel 2012 e dalla storia piuttosto particolare.

Ogni anno, tramite l’Istituto Mario Negri di Bergamo, andiamo a suonare a Pesaro ad un convegno a cui partecipano dottori sia italiani che stranieri – spiega Nicola – E la band si è formata proprio per questo: nel 2012 dovevamo fare questa data, ma lo abbiamo saputo all’ultimo momento. Non avevamo un nome e abbiamo scelto ‘The Convention’ (‘Il convegno’, ndr). Per la band è un continuo crescendo di musica e concerti, che li ha portati anche a collaborare con musicisti del panorama musicale italiano del calibro di Gianluca Grignani ed Enrico Ruggeri.

Siamo ancora attivi, ma ci siamo dovuto fermare perché mancano gli spazi per provare” aggiunge. La mancanza di spazi, in Valle Brembana ma in generale in Italia e non solo, è un tema delicato e ricorrente. “Bisogna dare più visibilità alle band – è il pensiero di Nicola – Sia chi, come me, scrive pezzi originali oppure che siano il frutto di un gruppo, è giusto che ognuno abbia i propri spazi, cosa che ora tende a non esistere più”.

Parallelamente alla sua carriera bandistica, Nicola segue anche il proprio progetto di produzione musicale personale. Un disco all’attivo, inciso nel 2017 dal titolo “Tra la luna e l’inferno”, è ora al lavoro sul secondo. “Si tratta di un mio progetto di musica rock italiana – racconta il giovane – Ci sono io e altri elementi, ma il primo album è stato registrato con dei turnisti provenienti da diverse parti d’Italia”. Le sue energie si stanno concentrando ora sulla stesura dei brani, dai testi agli arrangiamenti, piuttosto che sui concerti dal vivo.

Per le live preferirei avere un repertorio di almeno venti pezzi prima di formare una mia band – spiega – Fare apparizioni per soli dieci pezzi, che in 40 minuti vengono suonati, mi porterebbe solo via tempo per scrivere altre canzoni. Ho preferito mantenere questo progetto seguendo il mio punto di vista, ovvero fare ciò che mi sento e voglio io. Per il futuro poi si vedrà”.

Il progetto nasce anche da una crescita personale di Nicola, sia come artista che come persona. Nei suoi riferimenti musicali, prima principalmente stranieri e rock, da qualche anno ha scelto di approcciarsi anche alla musica italiana, culla della comunicazione espressiva. “Quando fai un lavoro come il mio, in cui oltre a suonare e arrangiare i brani scrivi anche i testi, il discorso della comunicazione è fondamentale”.

Il passaggio da brani in inglese a italiano è stato un percorso graduale, iniziato quattro anni fa, ma la sua musica è maturata con il passare del tempo. “Il mio approccio iniziale, da bambino, era molto ‘primordiale’. Non lo nego, io con la chitarra volevo solo fare casini – ride Nicola – Ma da quando ho 15 anni ho scelto di avvicinarmi in maniera più seria e con convinzione”.

Nicola è un musicista a tutto tondo: scrive testi, canzoni e arrangiamenti. “Non è tanto quello che fai, ma come lo fai: secondo me, associare questi due pensieri è ciò che fa la differenza in ogni cosa – spiega il giovane – Io non sono arrivato chissà dove, ma ci sto lavorando e so dove voglio arrivare e cosa voglio fare. E sicuramente non mi faccio influenzare da quello che dicono gli altri”. Ogni musicista, almeno una volta nella sua vita, dovrà rendere conto di eventuali critiche – costruttive o sterili che siano – ma l’importante è non farsi mai abbattere. “Ruba dalle critiche soltanto il buono è il suo consiglio.

Ma come vede Nicola l’avvento di internet nell’industria musicale mondiale? Tutto ormai viaggia sul web ed è facile perdersi nei suoi meandri. “Internet è il futuro e la rovina allo stesso tempo” dice il giovane chitarrista. L’utilizzo sempre maggiore di piattaforme commerciali online sta facendo cadere uno dei perni originali del “fare musica”, il mezzo e simbolo del duro lavoro: il disco.

Chi pubblica un album, deve già pensare che non serve più fare un supporto fisico – conclude Nicola – Il mercato online ti dà sì visibilità, ma è solo dal punto di vista digitale e non aiuta l’artista, che deve invece ripiegare sui tour, ma per farli hai bisogno di un’etichetta che ti segua”. Si crea dunque una sorta di circolo vizioso, che trova principio nei ‘follower’. “Il futuro è sicuramente questo, ma è l’unico possibile ed è secondo me molto più negativo rispetto a prima, perché le copie le vendi, i follower li puoi comprare: non è più un discorso che si può toccare con mano, è tutto completamente virtuale”.

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