Una vita dedicata all’arte a Milano, ma Pietro Arnoldi non dimentica le proprie origini orobiche (per la precisione, Taleggio). Artista e scultore del legno, classe ’55, la sua produzione spazia dalle sculture ai prodotti di design. Una storia, come spiega Arnoldi, che comincia già dalla sua infanzia. “Si parte da quando ero piccolo, ero un bravo disegnatore e poi ho frequentato studi di pittura a Bergamo, da un assistente di Funi, poi sono venuto a Milano e qua ho fatto Accademia, poi sono andato avanti da solo.
Diciamo – prosegue – mi sono fatto conoscere anche con le fiere, all’estero e in Italia: facevo un vero spettacolo e le fiere mi invitavano. Adesso si vive su quelle esperienze, collaboro ancora con i Comuni, come nel caso del parco dei Pinocchi a Taleggio: sono partito da un tronco di albero di castagno per ricavarne i personaggi di Pinocchio. Porto l’arte in piazza, se lo fai è più fruibile da tutti, senza dover andare in musei, a volte asettici”.
Il legno è sempre stato presente nella vita di Pietro, fin dalla sua tenera età. “È stata una scelta semplice, sono figlio di un falegname, perciò è stata la materia prima che ho sempre toccato. Quando volevo esprimere le mie idee e creatività, la prima cosa che avevo sottomano era quello. Io ho sempre voluto recuperare legni vecchi, ne ho usati parecchi per le mie opere. Ho iniziato da piccolo l’attività, prima ovviamente era solo un piacere, come professionista ho cominciato intorno ai vent’ anni”. La formazione gioca un ruolo molto importante. “Io ho frequentato questi studi di pittori classici, dunque mi hanno istradato sull’arte del disegno, invogliandomi a fare le cose sempre più corrette come espressione del mio animo. È stata la base del mio lavoro, non mi sono mai tradito commercialmente, ma ho sempre cercato di esprimere il mio piacere nel fare arte” racconta.
Arnoldi sa che questa non è una scelta semplice. “È difficile sopravvivere in questo campo, o hai amici potenti o tua moglie è molto brava e ti sostiene, oppure devi avere la classica faccia di bronzo. Non devi vendere cose indispensabili, come frutta o pane: la carta vincente è essere coerente con te stesso, se fai cose commerciali prima o poi si svalutano e perdono. Io magari vendo meno di altri, ma c’è gente che torna dopo 20 anni a chiedere ancora una scultura. Sto lavorando con una grossa azienda che imposta il proprio lavoro su un’etica di ecologia – spiega – hanno una fabbrica in cui producono gas, ma fanno anche arte, perché hanno pensato di comporre opere dai rifiuti: io li sto aiutando. Poi c’è il parco-museo di Pinocchio, a Peghera: l’ho voluto inserire nel mio lavoro perché credo che quel pezzo di legno possa esprimere meglio un parere sulla mia arte rispetto a tanti altri critici”.
In effetti, Pietro si definisce “indifferente alle mode alla clientela. È una sfida continua a migliorarsi ogni giorno, ma assecondando sempre il fine dell’arte, la bellezza. La prendo come un gioco e lo stesso vale per la vita, un gioco in cui cimentarsi ogni giorno”. Non ci sono dubbi: quella di Arnoldi è un’arte leggera, ma allo stesso tempo impegnata. “Certamente si può dire che lo sia. Non è un caso che il parco-museo sia in Val Taleggio. Lì ho vissuto la mia infanzia, a contatto con le mucche e gli animali. Ricreo immagini che servono a chi passa di lì – spiega – ci sono tutte le figure che si potevano incontrare. Il territorio è la base, l’arte deve riuscire a testimoniare quello che è l’entità dello stesso, le sue immagini, i suoi piaceri”.
Non si tratta solo di ricordare il passato, Pietro guarda anche al futuro. “Voglio coinvolgere i bambini e i giovani in un progetto al parco a Taleggio, per far realizzare loro qualcosa che si possano ricordare quando magari passeranno di lì tra qualche anno. Dopo che ho fatto tanto io, vorrei coinvolgere la gioventù, per farla esprimere: l’arte alla fine è questo, discutere e parlare”.