In quest’ultimo appuntamento dedicato ad AIDO Valle Imagna abbiamo intervistato il dottor Francesco Ferri. Bergamasco “purosangue” – come lui stesso si definisce – classe 1962, dopo la laurea in Medicina e Chirurgia a Milano nel 1989 si specializza prima in Chirurgia Vascolare e poi in Anestesia e Rianimazione. Per diversi anni ha prestato servizio presso l’ASST Papa Giovanni XXIII con l’incarico di Direzione di Struttura Semplice/Coordinamento e trapianto organi.
Dal 16 agosto 2021 dirige il servizio di Anestesia e Rianimazione dell’Ospedale Pesenti Fenaroli di Alzano Lombardo. “Ho origini dalla Valle Seriana, precisamente da Clusone – racconta – La mia famiglia proviene da lì. Il mio bisnonno, nel tardo ‘800, faceva il medico condotto: è proprio una tradizione famigliare di medici che ho scelto di proseguire”. Agli albori della sua carriera, il dott. Ferri voleva fare il chirurgo. Ma, ai tempi, i medici erano molti e trovare lavoro molto complesso: era necessario prestare parecchi anni di servizio gratuito in Ospedale. Ferri scelse la cardiochirurgia ed è proprio in sala operatoria che nasce in lui la passione per la Terapia Intensiva e per la cura dei bambini prima e dopo un intervento chirurgico.
“In quel frangente è nata la mia passione per questo lavoro che è sconosciuto ai più e che solamente il Covid ha portato un po’ alle luci della ribalta”. Al tempo non c’era ancora l’Ospedale Papa Giovanni XXIII, ma i vecchi Ospedali Riuniti. Era un edificio immenso e ricco di specialità, che il dott. Ferri nel suo praticantato ha scelto di scoprire per raccogliere un’importante base d’esperienza. “Poi mi sono dedicato in modo importante alla Cardiochirurgia, dove sono venuto a contatto con il mondo dei trapianti, soprattutto di cuore – spiega –. Se dovessi indicare un aspetto particolarmente delicato, direi l’ansia. L’angoscia di quei pazienti che si trovano con un quadro terminale per via della cardiopatia, che li porta rapidamente alla morte mentre sono in attesa di un organo che possa permettere loro di rinascere”.
Un aspetto dal punto di vista professionale, umano ed emotivo molto coinvolgente. “Soprattutto quando si trattava di curare dei bambini. C’erano le famiglie in apprensione, in ansia, in attesa di un cuore nuovo. Magari si trattava di bambini che hanno bisogno di cure molto intensive per mantenerli in vita, nella speranza che arrivi un cuore. Questa – confessa – è una cosa che lascia il segno dal punto di vista psicologico. Vivere fianco a fianco con queste famiglie, con queste mamme, che sperano in un cuore nuovo pur consapevoli che, di fatto, l’unico modo per averlo è che capiti qualche disgrazia a qualcun altro”. Negli anni ’90, l’Ospedale di Bergamo si è allargato e con esso anche l’aspetto legato ai trapianti, che hanno esteso il campo d’azione prima al rene e successivamente al fegato nei bambini.
Il dott. Ferri ha fatto parte della prima squadra di anestesisti e rianimatori che hanno dato il via al trapianto di fegato pediatrico nell’Ospedale del capoluogo di Provincia. “Si lavorava davvero tantissimo, però nessuno di noi si preoccupava – racconta – cercavamo solo di fare del nostro meglio. E infatti, ora, si stanno ottenendo dei risultati davvero ottimi”. Negli anni a venire, sono partiti anche i programmi di trapianto di fegato negli adulti e di polmoni, mentre il dottor Ferri è stato trasferito dalla Terapia Intensiva cardiochirurgica alla Terapia Intensiva pediatrica – al tempo appena fondata – e negli ultimi anni in Terapia Intensiva neurochirurgica. “Qui si trovano tutti quei pazienti con grosse lesioni cerebrali e, purtroppo, a volte con un quadro di morte cerebrale. Sono proprio questi pazienti per cui non c’è più nulla da fare che di fatto rappresentano l’unica possibilità di salvezza per tutti quelli che ho curato in precedenza e che sono in attesa di un organo”.
In tutti questi anni a contatto con il mondo dei trapianti di organi, il dott. Ferri ha acquisito una grande consapevolezza sul tema. “In Italia, purtroppo, i trapianti non sono sufficienti a soddisfare il fabbisogno. Perciò ho cercato di dare il massimo anche in questo ambito. Di fronte a quello che qualcuno potrebbe in modo sbagliato considerare un successo di fronte alla morte, so che non bisogna mai fermarsi ma vedere nella morte anche una possibilità e una speranza. Per tutti quei malati che sono in attesa di un organo”. Grazie al suo importante percorso professionale, il dottor Ferri è stato anche incaricato a ricoprire il ruolo di Coordinamento al prelievo: una posizione molto delicata, meno clinica e di stampo organizzativo-gestionale, che però richiede una certa professionalità. Questo lavoro gli ha permesso di entrare direttamente a contatto con le famiglie che hanno appena subito una grossa perdita, spesso anche a seguito di eventi traumatici e improvvisi.
“È molto difficile accompagnare le famiglie in questo percorso, che prevede prima la cura dei pazienti in modo intensivo per cercare di salvarli e, successivamente, di parlare in modo adeguato alla famiglia della possibilità della donazione”. Come sottolinea il dottore, sono ancora poche le persone che esprimono una volontà nei confronti dei propri organi dopo la morte. “La legge ce lo consente. Dovremmo esercitare questo diritto, possiamo scegliere e decidere – incalza Ferri – Fare questa scelta prima è molto importante perché solleva i famigliari da una decisione che in quei momenti è molto sofferta e angosciante. La raccomandazione che mi sento di dare a tutte le persone è quella di pensarci prima e decidere consapevolmente sulla base di informazioni corrette. Per non scaricare su altri questa grossa responsabilità”. Per questo motivo negli anni il dott. Ferri ha partecipato a momenti di divulgazione, dialogo e incontri con la popolazione e con i giovani alunni – anche in collaborazione con AIDO – per portare alla luce il tema del trapianto, nonostante negli ultimi tempi ogni attività in presenza sia frenata a causa della pandemia. “Il sistema trapianti messo in piedi all’Ospedale di Bergamo, per il quale c’è da ringraziare il dott. Cossolini il primo a ricoprire questo ruolo egregiamente per tanti anni, è una struttura molto organizzata, che non funziona da sola ma quasi. Un coordinamento eccellente, che a Bergamo funziona bene perché siamo molto più stimolati a vedere i risultati dal momento che abbiamo la possibilità di lavorare direttamente con i trapianti”.
Infine, abbiamo chiesto al dott. Ferri di dirci due parole sulla pandemia dal punto di vista di un “addetto ai lavori”. “Soprattutto nella prima fase, le informazioni sono sembrate contrastanti. Ma succede sempre di fronte ad ogni nuova malattia – conclude –. Adesso però abbiamo il vaccino, unica arma vera e reale che abbiamo e che dobbiamo usare assolutamente. Con una buona quota di popolazione vaccinata, infatti, anche chi viene a contatto con il virus potrebbe non sviluppare la malattia in modo sintomatico e questa è una grande differenza rispetto al passato. Così diminuisce anche il rischio di finire in Terapia Intensiva e la possibilità di morte è decisamente più bassa di un non vaccinato. Quest’arma, in conclusione, si sta rivelando molto efficace”.