Un parroco per 5 paesi in alta Val Brembana. Don Dario: “Facciamo camminare insieme le comunità”

Se è difficile farsi in quattro, in cinque è quasi un’impresa. Eppure, don Dario Covelli, riesce da due anni nel compito di dirigere, da parroco, le parrocchie di Averara, Cusio, Santa Brigida, Mezzoldo e Cassiglio.
25 Novembre 2023

Se è difficile farsi in quattro, in cinque è quasi un’impresa. Eppure, don Dario Covelli, originario di San Giovanni Bianco, riesce da due anni nel compito di dirigere, da parroco, cinque (su dieci – le altre sotto la guida di don Denis Castelli) parrocchie dell’Unità Pastorale delle valli Averara, Olmo e Stabina: Averara, Cusio, Santa Brigida, Mezzoldo e Cassiglio. Tante realtà diverse in alta Val Brembana per un don che ha avuto la fortuna di poter vedere il proprio percorso già tracciato di fronte a sé, prima ancora di percorrerlo.

“Sono entrato in seminario a 14 anni: il pensiero c’era già prima, ispirato anche da mio fratello maggiore, Pietro Covelli, che è parroco a Capizzone (intervistato QUA) ed era in seminario prima che entrassi io. Ho scelto anche guardando a lui, dopo le medie a San Giovanni Bianco. Il percorso è andato avanti. – racconta – Anche il parroco che avevo a quel tempo mi ha aiutato, sollecitandomi a riflettere sulla mia scelta. Ho fatto tutto gli studi, durante i quali ho presieduto ai servizi festivi a Seriate”. Poi l’esperienza predicativa in seconda teologia, le giornate del seminario e l’anno di diaconato a Treviolo.Nel 1997 sono diventato prete: sono stato mandato a Sorisole, poi a Osio Sotto e Martinengo, 20 anni di pianura, fino al 2021: da due anni sono a Santa Brigida, Cusio e Averara, ai quali da un anno si sono aggiunti Cassiglio e Mezzoldo”.

Don Dario, che oggi ha 52 anni, si trova così a gestire un territorio ricco, ma frammentato: “L’Unità Pastorale esiste da 5 anni e si vivono insieme alcune realtà, cercando di unire le parrocchie, conservandone le specificità, ma si prova a fare cammini insieme. La collaborazione è importante e ci ha permesso di trovarci e di realizzare iniziative pastorali comuni, per far collaborare le diverse comunità. Ovviamente, tutto questo mantiene la singolarità di ogni parrocchia”. Una sfida notevole: “Muoversi tra le 5 realtà e non essere sempre presenti non è facile: io sto a Santa Brigida, ma devo essere presente il più possibile anche dalle altre parti. Ognuna richiede attenzione. C’è tutto il discorso della mobilità, siamo due parroci per dieci parrocchie, ma non è mai stato particolarmente un problema”.

Tanta varietà – secondo don Dario – “è un valore. La fatica però sta nel fatto che c’è ancora difficoltà a fare le cose insieme, la gente per alcune iniziative deve spostarsi e non è sempre facile. Le cose che si fanno insieme però funzionano. Ad esempio, i catechisti si spostano regolarmente, ma in generale è difficoltoso, soprattutto raggiungere parrocchie più lontane da quelle di Olmo, che è un po’ il centro, anche per il CRE. Spostarsi non è mai comodo, ogni paese ha le sue radici”. Una realtà complessa in cui occorre l’aiuto di tutti: “Fortunatamente, ci sono tanti gruppi di volontari in ogni parrocchia e un aiuto lo danno sempre, ci sono e sono importanti: resistono ancora e in modo diverso collaborano con la Parrocchia”.

Le attività più difficili, spiega il don, sono quelle fatte per coinvolgere i giovani: “Numericamente loro sono pochi, ce ne sono un po’ di più a Santa Brigida: le iniziative a livello pastorale non ci sono, si fa tutto a Piazza Brembana, dove gli adolescenti fino ai 18 anni hanno un incontro al sabato sera. Per i ragazzi di seconda e terza media abbiamo incontri regolari a Olmo, si cerca di tenerli un po’ insieme e c’è una buona presenza considerati i numeri totali, si è creato un bel gruppetto. D’estate siamo più presenti, collaboriamo anche con la Pro Loco per le iniziative, ci scambiamo gli ambienti e gli spazi”.

La sfida è cercare di non disunirsi, perché il territorio offre tanto e don Dario lo sa apprezzare: “Il tempo a disposizione non è molto, ma quando posso mi piace andare in montagna: avendo fatto 20 anni di pianura non ero più abituato – scherza. – D’estate ci sono le feste in montagna, l’Avaro, il Passo San Marco, questa passione non riesco a viverla molto, l’ho sempre avuta ma non è facile da coltivare. Personalmente, qua mi trovo bene, spostarsi e organizzarsi non è facile, però si lavora bene, ambiente e territorio consentono di avere anche un momento di tranquillità in mezzo ai tanti impegni”.

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