Paese che vai, soprannome che trovi. In bergamasca chiamato anche scötöm o, in Valle Brembana ad esempio, suèrnòm. Un tempo era un fenomeno tipico delle Valli Bergamasche e della pianura, ma ora ormai pressoché spariti. I soprannomi nascevano da qualche caratteristica ambientale, economica o caratteriale degli abitanti, ma quasi sempre con forte carica satirica o beffarda. Questi “titoli” venivano dati anche però per sminuire o ridicolizzare gli abitanti della frazione o del borgo rivale.
Le vignette di Bortolotti
Sui soprannomi dei paesi dell’alta Valle Brembana il caricaturista e vignettista bergamasco di fama internazionale Aldo Bortolotti, scomparso lo scorso anno, aveva realizzato delle cartoline. Con l’iniziativa del Gruppo Alpini di Piazza Brembana, la collezione era stata patrocinata da Provincia, Comunità Montana Valle Brembana, Consorzio del Bacino Imbrifero Montano con la collaborazione delle amministrazioni locali.
Del legame dell’artista con l’alta Valle, in particolar modo con Piazza Brembana, ne parla Roberto Boffelli nel sedicesimo annuario «Quaderni Brembani» (anno 2018) del Centro Storico Culturale Felice Riceputi. Gli acquarelli originali di questa collezione, chiamata Suernòm di Gogìs, è stata consegnata quest’estate alla Fondazione don Palla di Piazza Brembana, nella quale saranno presto esposti.
Bacalù, scarpinù e càcc in alta Valle Brembana
Elencando in ordine alfabetico i vari paesi della zona, ci sono gli abitanti di Averara detti bocalù, nel senso di chiacchieroni, mentre quelli di Branzi sòcoi o piödèr, chiamati così dall’uso di portare zoccoli e di lavorare l’ardesia.
A Carona forse erano un po’ saputelli e quindi han preso il nome di duturì, mentre a Cassiglio gli abitanti erano chiamati berciài (da «bèrcio», un usuale cappello da montanaro). Forse a causa del loro carattere duro, quelli di Cusio erano chiamati i càrpegn (carpine), mentre a Foppolo i manzöi per via dell’economia basata sugli alpeggi. Le persone di Fondra e Trabuchello, frazioni di Isola di Fondra, erano chiamate le prime scarpinù (calzature non raffinate) e le altre gognì (astuti e furbi).
Gli abitanti di Lenna erano chiamati brinà a causa della brina presente in paese per molti mesi dell’anno o sbér forse per il carattere impertinente. A Mezzoldo, invece, il soprannome balabiócc si riferisce a persone facili a cambiar parere o di facili costumi. Ci sono poi i macc (matti, nel senso di stravaganti) di Moio de’ Calvi, i sendraröi (coloro che tramano sotto la cenere) di Olmo al Brembo e i bàr (montone) di Ornica, forse perché chiusi e caparbi.
Quelli di Piazza Brembana erano chiamati stizzù (istigatori) e a Piazzatorre borelèr (boscaiolo), perché il lavoro principale era quello del boscaiolo. Nel piccolo borgo di Piazzolo, invece, c’erano i gàcc, chiamati così sia probabilmente per il carattere astuto sia perché è un paese con pochi abitanti. Gli abitanti di Roncobello erano soprannominati i santarèi (santarelli) o i gosatì (gozzuti), chiamati così per la loro devozione religiosa e il caratteristico gozzo grosso. A Baresi e Bordogna, le due frazioni di Roncobello, i soprannomi erano rispettivamente s-ciopetì (cacciatori) e sitadì (cittadini).
Bèch (caproni, ma anche testardi e seduttori) e rampì (uncino) erano poi chiamati quelli di Santa Brigida e Valleve, forse per il carattere litigioso. A Valnegra, infine, erano chiamati càcc, da caglio, ingrediente fondamentale per la preparazione del formaggio, mentre a Valtorta aocā (avvocati) o ciödaröi, sia perché probabilmente ritenuti delle persone orgogliose sia per l’antica produzione di chiodi.
N.B. Gli appellativi affibbiati agli abitanti avevano spesso interpretazioni diverse, per questo nell’articolo è stata presa in considerazione la versione del “Vocabolario dei dialetti bergamaschi antichi e moderni” del 1867, di Antonio Tiraboschi.
(Fonte Immagine vignetta di Aldo Bortolotti)