La Casa di Comunità a Sant’Omobono Terme – che nelle intenzioni dell’ASST Papa Giovanni XXIII vuole essere il polo di riferimento socio-sanitario di tutta la Valle Imagna – raddoppia. Ad annunciarlo la stessa ASST Papa Giovanni durante un incontro pubblico nei giorni scorsi (29 novembre) presso La Casa di Comunità valdimagnina.
Con un investimento monstre da 2,5 milioni di euro (sui 12 milioni totali dal PNRR che ha ottenuto l’Ospedale Papa Giovanni), infatti, la struttura – realizzata nel 1997 – riceverà un corposo ampliamento che aggiungerà un secondo piano da 700 metri quadrati (ora la struttura si sviluppa unicamente su un piano), dove troveranno posto circa 13/14 locali, di cui 9 ambulatori (tra cui vaccinazioni, prelievi, consultorio, ginecologo, tre sale d’attesa) che vanno ad aggiungersi a quelli già esistenti al piano terra, che sarà ristrutturato. I lavori dovrebbero durare circa un anno con partenza a inizio 2024, già affidati ad una impresa bergamasca tramite gara d’appalto.
“Oggi presentiamo un progetto già in fase avanzata e che diventerà un cantiere vero a breve – esordisce la dott.ssa Maria Beatrice Stasi, direttore generale del Papa Giovanni XXIII – . Dopo il Covid, tutti hanno detto che mancava la medicina del territorio. Abbiamo aderito a tutte le ipotesi del PNRR. Siamo contenti di poter dire che noi abbiamo valorizzato il progetto organizzativo”. Poi la precisazione: “La Casa di Comunità di Sant’Omobono è un luogo dove si accede se segnalato dal medico di base, non è un poliambulatorio. Serve alle persone più fragili, che non siano così costrette ad andare in ospedale”.
“L’obiettivo del progetto è quello di creare nuovi spazi al piano primo, pari a circa 700 mq, quindi 13-14 locali in più rispetto al piano terra, che viene sistemato – spiega l’architetto Alessandro Frigeni, direttore Struttura Gestione Tecnico Patrimoniale ASST Papa Giovanni XXIII – L’edificio sarà consolidato dal punto di vista sismico e strutturale. Il locale verrà completamente climatizziamo. Dal punto di vista energetico – prosegue Frigeni – l’edificio sarà autonomo al 65% del fabbisogno annuo per riscaldamento e raffrescamento grazie a 82 pannelli fotovoltaici sul tetto con un picco di produzione di 43 Kw e pompa di calore.
Dal punto di vista estetico e architettonico “abbiamo cercato di ottenere un’immagine migliore rispetto a quella attuale, con delle lame che nascono con l’obiettivo di consolidare ma al tempo stesso di creare un edificio anche piacevole da vedere. Al piano terra gli interventi saranno limitati solo al nucleo centrale, che sarà demolito per fare spazio ad un vano scale con ascensore che permetterà di salire al piano superiore”.
E durante i lavori la Casa di Comunità continuerà ad essere operativa? “Dobbiamo confrontarci con il coordinatore della sicurezza in seguito alle analisi dei rischi rispetto ai servizi della struttura” conclude Frigeni.
I RENDER DEL PROGETTO