La Grotta del Forgnone, in Valle Imagna, è una cavità carsica conosciuta da cento anni, ma solo recentemente è stata rivalutata come sorgente per i periodi di siccità. Mai come lo scorso anno, e probabilmente anche questo e quelli a venire, si è dovuto e si dovrà ricorrere a delle fonti “alternative” di acqua. È il caso, difatti, della sorgente del Forgnone, gestita da Uniacque dal 2015 e che sgorga tra i Comuni di Rota d’Imagna e Brumano, per l’esattezza in località Val Vanzarolo.
Franco Ravanelli, Presidente del Gruppo Speleologico Valle Imagna (fondato nel 1996), precisa però che “le acque della sorgente del Forgnone non sono certo al 100% pulite (infatti risultano inquinate da agenti biologici ndr) anche se, in periodi di siccità, vanno sicuramente bene e sono molto utili per sopperire alla carenza idrica. Tali acque, infatti, per far sì che si possano distribuire senza problemi, sono monitorate e in caso di necessità facilmente trattate per renderle potabili e sicure. Inoltre il discontinuo utilizzo dell’acqua del Forgnone, seppur la sorgente rientri nella rete principale della Valle Imagna, è dovuto anche per la sua posizione, su di un pendio, non certamente l’ideale per operare”.
“La Valle Imagna – prosegue Ravanelli – è un territorio con un alto numero di grotte naturali: ve ne sono circa 250. Le grotte di questa zona sono ricche di svariate specie di fauna sotterranea. Per la maggior parte sono coleotteri che si sono adattati con caratteristiche diverse tra di loro, ma mantenendo come base comune le dimensioni ridotte e la cecità. La Grotta del Forgnone – sottolinea Ravanelli – si trova a 780 metri di quota e si sviluppa per 2.600 metri circa e l’ingresso è a circa 900 metri”.
E il nome? Forgnone, con buona probabilità, significa ‘forno grande’ e la Grotta è famosa pure per le bellezze dei suoi fenomeni carsici che sono regolarmente tenuti sotto controllo dal Gruppo Speleologico della Valle Imagna: non mancano in fatti stalagmiti, stalattiti e colate di calcare. “Le prime notizie circa questa grotta – racconta Ravanelli – risalgono agli anni Venti dello scorso secolo e la prima stesura della topografia risale a una decina di anni dopo e, inizialmente, si trattava solo di 800 metri. Solo in seguito si è arrivati ai grandi saloni terminali attuali“. L’esplorazione della Grotta può essere suddivisa in tre parti: “la Forra”, “i Saloni” e il “Ramo Fossile”.
“La Forra inizia subito dopo l’androne d’ingresso e va avanti per circa 700 metri – spiega Ravanelli – fino ad arrivare a un ampio Salone con la sua cascata di circa 15 metri che è la Sala della Cascata. I Saloni sono davvero giganteschi e sono uniti fra loro grazie alle gallerie. Arrivano a misurare 40,50,60 metri per una larghezza media di 20 metri. Il Ramo fossile, infine, inizia dove c’è un bivio in cui ci si imbatte dopo circa 350 metri dall’ingresso e si arriva in una grande galleria che finisce in un sifone di fango laterale con un salto di 10 metri circa che conduce in una sala concrezionata”.
Ricorda che attualmente la Grotta non è visitabile da eventuali turisti dato che Uniacque ossia il gestore della Grotta permette l’ingresso previo avviso anticipato esclusivamente una volta al mese solo agli speleologi. E una curiosità, magari solo mia, nel gruppo sono presenti pure alcune donne e anzi sono anche abbastanza resistenti, forse, pure più degli uomini. Conclude che per fare parte del Gruppo Speleologi bisogna avere voglia di muoversi e di conoscere il mondo ipogeo (N.d.A. sotterraneo) poi il resto, tecniche e teoria lo insegniamo noi.
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Non conoscevo affatto esistenze di grotte sotterranee in questa valle all’infuori del Santuario della Cornabusa.
Dall’Umbria dove vivo da mezzo secolo, sono contenta di aver imparato ad utilizzare la nuova tecnologia e scoprire tantissime bellezze delle valle natie. Mamma berbennese e papa Brembanno di Ubiale. Grazie e buon lavoro a tutti.