Supplente per un giorno all’Istituto di S.Pellegrino la scrittrice Aschedamini, una “scossa” per i ragazzi

Quando la vita ci travolge, abbiamo la necessità di continuare ad avere punti di riferimento anche quando sembra di aver perduto l’orientamento per sempre.Gli studenti della 3F dell'Istituto Superiore di San Pellegrino Terme hanno incontrato la scrittrice Gisella Aschedamini che ha raccontato la sua storia di sofferenza e rinascita.
15 Aprile 2022

Quando la vita ci travolge, abbiamo la necessità di continuare ad avere punti di riferimento anche quando sembra di aver perduto l’orientamento per sempre.Gli studenti della 3F dell’Istituto Superiore di San Pellegrino Terme hanno incontrato la scrittrice Gisella Aschedamini che ha raccontato la sua storia di sofferenza e rinascita.

“L’incontro è stato fatto rientrare all’interno del progetto Supplente per un Giorno – fa sapere il Professor Pierluigi Rota, co-organizzatore dell’incontro assieme alla professoressa Rita Bellaperché la classe aveva bisogno di una scossa. Questi anni sono stati devastanti sotto molti aspetti, e hanno lasciato tracce che i ragazzi hanno grosse difficoltà a superare”.

L’incidente e il viaggio in Bangladesh

Gisella Aschedamini viaggiava sulla Milano-Venezia, all’altezza del casello di Brescia est, quando nei pressi di Lonato, suo marito Gianfranco perde il controllo della sua Audi e si schianta contro un tir fermo nella piazzola di sosta. Gianfranco, le sue figlie Federica (16) e Silvia (7) e la nipote Daniela Poma (17) perdono la vita; erano diretti in Abruzzo per godersi gli ultimi giorni di vacanza prima dell’apertura delle scuole.

Gisella siede a lato del guidatore: la cintura si è slacciata ed è stata catapultata fuori dal veicolo. Sdraiata sul ciglio della strada, mentre riceve i primi soccorsi, i sensi non l’hanno abbandonata e distintamente ode le parole dei soccorritori: “Per l’uomo e la bambina non c’è più niente da fare. .. Per le due ragazze bisogna fare presto”. Il giorno successivo, dal suo letto di ospedale, Gisella saprà di essere l’unica sopravvissuta ad un incidente che ha spezzato la vita di un’intera famiglia.

I primi di marzo del 1995, Gisella si trovava nella Cappella dell’ospedale di Bergamo per la messa in suffragio della sua famiglia, e, in quella stessa cappella, c’era anche Vittorio. Durante la celebrazione, il prete ricorda cinque defunti: la dottoressa Romana Licini, madre di tre figli e moglie di Vittorio e il marito, le figlie e la nipote di Gisella. Se è vero che solo chi vive le tue stesse situazioni può capirti, allora solo una persona avrebbe potuto avvicinarsi a quella donna e trovare il modo, di accostarsi a lei senza ferirla o sembrare inopportuno. Vittorio è un uomo d’altri tempi, uno dalle scelte ponderate e decise che non lasciano spazio a ripensamenti e si avvicina a Gisella con un sentimento autentico e intenzioni serie.

Il suo futuro è con quella donna, vuole farla sentire di nuovo bene, Il giorno dopo il loro matrimonio, celebratosi il 18 ottobre 1997 nella chiesa di Brembate di Sopra (BG), lei confessa che se avesse potuto riportare indietro il tempo di ventiquattro ore, gli avrebbe detto “no”, che non l’avrebbe sposato perché non era ancora pronta. Era una sopravvissuta e non si dava pace.
I sensi di colpa, la presenza ancora di un dolore così forte da poter uccidere. Vittorio, allora, propone a sua moglie un viaggio in Bangladesh, tra chi affronta drammi quotidiani. Per lui è la realizzazione di un progetto di vita, quello che aveva con la madre dei propri figli, con la quale pianificava di donare ai più poveri le competenze mediche di cui erano in possesso, una volta andati in pensione. Per Gisella, invece, era l’inizio di una nuova vita: “Ho trovato dolori più grande del mio e non è cosa da poco”.

Le missioni

Dal 1997, ogni anno Gisella e Vittorio si recano in Bangladesh, dove in collaborazione con i missionari e le missionarie del P.I.M.E progettano nuove opere che prendono vita sotto la loro diretta supervisione. Hanno intessuto una vasta rete di adozioni a distanza per circa settecento bambini, costruito ostelli per minori dai sei ai quindici anni, eretto tre edifici scolastici: a Narikelbari per 1200 studenti, a Rajapur per 500 e a Padrishibpur per 2000, senza dimenticarsi degli alunni dei villaggi più piccoli. In aiuto delle donne sostengono due centri di ricamo a Bonpara e Moladuli dove sono impiegate circa 200 lavoratrici e promosso la costruzione di un centro di cucito all’interno di una scuola elementare nel villaggio di Desondorkati. Le donne possono, così, beneficiare di un ambiente di lavoro sano e rispettoso dei diritti umani, godendo di un’equa remunerazione e adeguata assistenza sanitaria.

In villaggi lontani dai centri abitati hanno costruito ambulatori medici dove è assicurata un’assistenza ostetrica professionale e dignitosa, in un paese dove le donne partoriscono ancora in capanne di fango e bambù prive del personale medico specializzato. In particolare, Vittorio, ex primario dell’Ospedale di Alzano Lombardo si è adoperato per aprire un reparto di maternità all’interno dell’Ospedale Saint Vincent Hospital a Dinaijpur, istruendo medici ed infermieri locali e donando alla struttura strumenti sanitari di prima necessità.

Attraverso il microcredito, inoltre, hanno concesso prestiti a tassi minimi a persone che non avrebbero potuto rivolgersi a banche, consentendo alle famiglie di ottenere il denaro necessario all’acquisto di nuove macchine da cucire, di legna, sementi o da impiegare nell’allevamento di polli e pesci. Gisella, nel 2014 è stata insignita del riconoscimento internazionale “Donna dell’Anno” istituito dalla Regione Valle d’Aosta, il cui ricavato di diecimila euro è stato interamente devoluto per la ristrutturazione del centro di cucito di Bonpara e per rimpinguare le casse del microcredito.

IMG 20220328 WA0018 - La Voce delle Valli

Quando sono in Italia, Gisella e Vittorio si prodigano nel dare testimonianza della loro storia attraverso l’organizzazione di incontri nelle scuole, negli oratori e ovunque sia richiesto.
“È vero”, dice Gisella agli studenti, “ci sono momenti irripetibili, che non tornano più e con loro anche le persone che amavamo. Esiste un tempo perduto per sempre. Ma è altrettanto vero che il nostro vissuto scorre dentro di noi e c’è sempre un tempo per ricominciare e il più delle volte il senso, lo scopo, la forza per farlo proviene dalle ferite più profonde”.

“A causa di diverse situazioni personali problematiche, avevamo chiesto la possibilità di svolgere un laboratorio di mediazione in cui poter raccontare le nostre fragilità”. commenta la studentessa Alessia dopo l’incontro con Gisella e Vittorio – tuttavia, i nostri insegnanti hanno pensato fosse più efficace un intervento di questo tipo, in quanto ci hanno ritenuto non tanto bisognosi di “raccontarci” (lo facciamo già), quanto di essere incoraggiati ad andare oltre le nostre sofferenze e insicurezze. Ecco quindi l’idea di questa testimonianza, della quale peraltro i nostri insegnanti ci hanno tenuti all’oscuro fino all’ultimo momento, in modo da non creare in noi dei preconcetti o aspettative. Io sono una persona che si aspetta sempre il dolore dalla vita, anche quando vivo un periodo di serenità. Anzi mi trovo quasi a disagio nei periodi in cui sto bene – continua Alessia – Gisella costituisce un esempio incredibile di come si affronti il dolore. Ho provato moltissima ammirazione per lei”.

“Ho provato emozioni forti e contrastanti, ma soprattutto mi sono immedesimata nelle sofferenze di Gisella, forse perché, in parte, le ho vissute in prima persona. Gisella e Vittorio hanno parlato sia della loro storia di immensi dolori, sia dei loro progetti di solidarietà e di gioia –interviene la studentessa Lucrezianon si superano da soli queste situazioni. Io porto nella mia storia molte difficoltà, ma l’aver vissuto questo incontro mi ha fatto capire che in alcuni contesti devo imparare ad aprirmi e a lasciarmi aiutare. Non esiste un livello massimo di sofferenza, dipende dal tuo carattere, dal tipo e dall’intensità del dolore e da come tu scegli di porti di fronte ad esso. Può schiacciarti o può fortificarti. Come se ne esce? Con i gesti quotidiani: il pianto, la musica, una chiacchierata con un amico di cui ti fidi.”

“Oppure -, interviene Alessia – facendo come ha fatto Gisella, che si è affidata a Vittorio, si è lasciata amare e ha preso esempio dal suo ottimismo nei confronti della vita.
Prima ancora che con i suoi progetti di solidarietà, Gisella ha già cambiato vita accettando di sposarsi di nuovo, anche se Gisella stessa ha ammesso che non è stato facile per lei. Il suo cuore era chiuso e la paura di dover affrontare un nuovo lutto era grandissima. Vittorio ha dovuto conquistarla con pazienza, discrezione e tenacia, aspettando che il cuore di Gisella fosse pronto per tornare ad amare”. Questo incontro mi ha dato l’input di “fare ciò che devo fare” nella mia quotidianità, cercando di farlo al meglio e, perché no, confidando nel fatto che possa realizzarsi qualcosa di più grande rispetto a quanto io stessa mi aspetti. L’intervento di Gisella ha aiutato in modo particolare un nostro compagno. Io personalmente sto leggendo il suo libro e, anche se sono solo agli inizi, lo trovo molto coinvolgente e mi fa provare molta gioia. Gisella insegna a non commiserarsi in quanto, come dice il titolo del suo libro, si vive perché si ama. Mi piacerebbe leggere anche gli altri suoi libri”. “A me – conclude Lucrezia – ha dato una scossa che ha portato a dire a me stessa: adesso è giunto il momento di rimboccarmi le maniche. Mi ha insegnato che ci sarà sempre una pagina della mia vita su cui poter scrivere cose belle”.

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