”La salute è un diritto anche per chi abita la montagna”: la Val Brembana in strada a difendere il suo ospedale

Fra cori di “vogliamo dignità”, applausi e striscioni facevano capolino ben trentasette fasce tricolore, che in un giorno così importante per il futuro del presidio vallare hanno scelto di scendere in campo fra la loro gente.
7 Agosto 2021

“La salute è un diritto anche per chi abita la montagna”. Uno slogan forte e d'impatto, che ha accompagnato le centinaia di manifestanti accorsi a San Giovanni Bianco, accomunati da un unico, importante obiettivo: restituire all'ospedale del paese e all'intera Valle Brembana quei servizi fondamentali da tempo sospesi e tagliati. Fra cori di “vogliamo dignità”, applausi e striscioni facevano capolino ben trentasette fasce tricolore, che in un giorno così importante per il futuro del presidio vallare hanno scelto di scendere in campo fra la loro gente, rappresentandola fino alla fine nonostante i malumori e gli intoppi organizzativi.

“È un grandissimo disagio per noi utenti della Valle Brembana, che senza ospedale non abbiamo più niente – racconta Rosy, una signora che abita a San Giovanni Bianco che ha preso a cuore il problema – Se ci tolgono i reparti, la Croce Rossa e l'automedica, il rischio concreto è che chi si sente male ci lasci le penne”. La donna punta il dito contro la non indifferente distanza che separa il presidio con l'Ospedale Papa Giovanni di Bergamo, dove vengono veicolati ormai gran parte dei pazienti. “La valle è lunga e stretta, abbiamo paesi davvero lontani e il rischio è troppo alto. I disagi sono grossi, ci sentiamo abbandonati a noi stessi. Non è giusto, abbiamo bisogno di questo ospedale e di tutti i suoi servizi”.

Ma i disagi non colpiscono soltanto i pazienti, bensì anche chi all'interno del presidio vi lavora. “Io lavoro in cucina e la situazione non è facile – spiega Mary Con la chiusura dei vari reparti, l'ortopedia, la pediatria e l'ostetricia, e il funzionamento programmato della chirurgia, anche i pasti sono di conseguenza calati drasticamente e noi ci troviamo in esubero. Con troppi dipendenti e poco lavoro effettivo, il rischio più grande è quello di perdere il lavoro. E una volta che sei a casa, poi, dove vai a cercare un altro impiego? Sta diventando problema enorme”.

 

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Nell'importante affluenza di persone, non sono mancati i malumori e gli intoppi organizzativi: il corteo, infatti, non era stato autorizzato dalle autorità locali a svolgersi su strada (il trasferimento dal piazzale degli Alpini, luogo di ritrovo, all'Ospedale sarebbe dovuto avvenire lungo il marciapiede pedonale) né tanto meno l'occupazione dell'incrocio fra la SS470 ed il ponte che porta all'Ospedale, dove gran parte delle centinaia di partecipanti hanno interrotto il traffico veicolare per oltre un'ora.

“Cinque minuti di blocco avevano senso – racconta amareggiata Cristiana, giunta in paese da Piazza Brembana – Secondo me, purtroppo, il suo prolungarsi è diventato controproducente. Io e mio marito abbiamo deciso di partecipare perché crediamo fortemente nell'importanza dei servizi sanitari che ci spettano di diritto, ma forse avrebbe avuto più risonanza positiva una donazione collettiva di sangue oppure un altro gesto di questo genere”.

“Ringrazio tutti i presenti a questa manifestazione: doveva essere qualcosa di diverso, purtroppo non ci sono riuscito e me ne rammarico un pochino – sono state le parole di Massimo Ferrandi, uno degli organizzatori, circa quanto accaduto – Però forse solo così siamo riusciti a far capire a tutti l'importanza del nostro ospedale. Vivo qui da 42 anni, il nostro ospedale, piccolo che sia, ha sempre funzionato alla grande. Ora siamo rimasti senza servizi e i pochi che ci sono li dobbiamo tutti al grande impegno dei dipendenti che si fanno in quattro. Dobbiamo in tutti i modi, ma sempre pacificamente ed educatamente, riuscire a raggiungere la Regione: dalla prima manifestazione del 2016 ci erano state fatte promesse che sono venute meno. Questa volta io credo che i nostri Amministratori abbiano a cuore le nostre richieste. E se non riusciremo a farle rispettare, allora torneremo a manifestare in questa piazza”.

Richieste accolte a braccia aperte dai trentasette sindaci presenti, in particolare dal “padrone di casa” – il sindaco di San Giovanni Bianco, Marco Milesi – e dal presidente della Comunità Montana Valle Brembana, Jonathan Lobati. “A distanza di cinque anni, la gente della Valle Brembana ha risposto, è presente e anche oggi sta dimostrando quanto sia importante e fondamentale il ruolo svolto dall'ospedale di San Giovanni Bianco per la popolazione di tutta la valle – ha spiegato il primo cittadino, Marco Milesi – Questa piazza sta chiedendo rispetto e allo stesso tempo rappresenta una richiesta forte ed esplicita per far sì che venga riconosciuto all'ospedale il ruolo che merita, per tutto quanto ha saputo dare nei suoi 60 anni di storia e soprattutto potrà dare nelle sfide future di questo territorio, senza dimenticare cosa il periodo pandemico avrebbe dovuto insegnarci. Ora lavoriamo tutti verso l'unico obiettivo che sta a cuore all'intera valle: quello di avere una struttura efficiente e funzionale per la sua gente e per i turisti che in ogni periodo dell'anno visitano il nostro territorio. È un richiamo a tutti, per fare ognuno la nostra parte”.

Ha poi aggiunto: “Va fatta chiarezza: ad oggi non è mai stato nemmeno ipotizzato su nessun tavolo che l'ospedale di San Giovanni Bianco possa chiudere. Allo stesso tempo dobbiamo pretendere di avere una struttura che sia in grado di erogare i servizi di un ospedale di base. Lo abbiamo chiesto con forza all'unanimità negli innumerevoli appelli e delibere votati da tutti i sindaci. In un momento in cui si sta riscrivendo la legge sanitaria regionale, dobbiamo cogliere l'occasione per inserire vincoli e paletti che obblighino le aziende ospedaliere a garantire i servizi necessari ai cittadini di tutti i territori, anche quelli periferici come il nostro”.

A nome dei trentasette sindaci ha preso infine la parola Jonathan Lobati, presidente della Comunità Montana Valle Brembana e primo cittadino di Lenna. “Chiaro che, se siamo ancora qui a cinque anni di distanza, le cose non sono andate come speravamo – ha concluso – Ed è chiaro che quanto successo poco fa (l'interruzione non autorizzata, ndr) sia la testimonianza di questa disillusione, tristezza e rammarico per il nostro ospedale, fondamentale per il territorio della nostra valle. Non chiediamo potenziamenti, chiediamo che quello che viene fatto in altri territori venga fatto anche in Valle Brembana, perché prima di essere numeri siamo de pazienti. Questa volta non ci fermeremo, continueremo, chiederemo a Regione, che qualche soldo l'ha messo negli anni, va detto, di mantenere le promesse fatte. Noi ci siamo e continueremo a batterci: questo vi dico a nome mio e dei sindaci qui presenti. Il territorio non ha colori politici, ha un solo colore: quello della difesa dell'Ospedale di San Giovanni Bianco”.

Mentre il corteo di persone – scoraggiato forse, ma tenace come solo i bergamaschi sanno essere – si disperdeva, qualcuno aveva già un'idea chiara sul futuro: “Se non basta San Giovanni Bianco – ha affermato un manifestante – allora andremo a Roma”.

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